Pegah Moshir Pour racconta la lotta delle donne in Iran tra passato, presente e futuro
Essere libere vuol dire poter studiare e decidere chi diventare. Poter uscire di casa con i capelli scoperti senza paura di essere arrestate o di perdere la vita. Avere l’opportunità di guadagnarsi da vivere e veder riconosciuto, equamente, il proprio lavoro. Vuol dire scegliere di costruire una famiglia in pace, lontano dalla violenza e dalla guerra. Il coraggio è donna come la libertà
Così recitava, in occasione della campagna di comunicazione
per l’8 Marzo “il coraggio è donna”, Pegah Moshir Pour, l’attivista di origini
iraniane intervenuta al Festival di Sanremo 2023.
Oggi, Pegah
Moshir Pour non si ferma, continua a rilasciare interviste per dare voce alla
situazione delle donne in Iran; prossimamente parteciperà anche al WE Woman’sEquality Festival, la prima manifestazione nazionale dedicata interamente alla
Parità di Genere - che tornerà il 5 e 6 aprile a Lecce.
Oggi ho l'onore di intervistarla e ascoltare il suo punto di vista sulla condizione femminile di ieri, oggi e domani in Iran.
In Iran la lotta delle donne per i loro diritti va avanti da
diverso tempo. Se guardiamo la situazione attuale, come è cambiata la presa di
posizione femminile negli anni rispetto la loro condizione?
Le donne iraniane da quarantaquattro anni portano avanti
questa rivoluzione. Oggi tale rivoluzione prende il nome di “Donna, Vita, Libertà”
perché la morte di Mahsa Amini ha fatto scoppiare questa pentola a pressione che
non poteva più contenere la rabbia e la passione per il concetto di libertà. Le
donne sono state colpite dalla privazione di diritti e hanno visto ogni giorno
venir meno ogni diritto. In precedenza, anche loro ogni giorno facevano dei
piccoli passi per poter raggiungere la loro dignità e indipendenza. Le donne in
Iran non sono sole: oltre ad essere unite tra loro, hanno il sostengo anche di
molti uomini. Questa è una rivoluzione vera per la popolazione iraniana, perché
ci sono padri e madri di famiglia che non possono più vedere e sopportare la
privazione del futuro dei propri figli, oltreché la privazione del proprio
quotidiano. Infatti, il costo della vita è aumentato tantissimo, la gente ha la
difficoltà a comprare le cose basilari. Non c’è più la condizione né di società
né di accettazione di quello che sta accadendo. La disobbedienza porta ogni
giorno avanti la rivoluzione. Sono fiera e orgogliosa perché ci sono tante
ragazze che vanno fiere della pallottola che ricevono, perché la loro perdita
rappresenta la loro lotta per la libertà. Tutto ciò è da ammirare perché è un
unicum.
Alla luce di questi cambiamenti, quali crede possano essere
le prospettive future della condizione femminile in Iran?
Sicuramente non si torna indietro: le donne iraniane non
hanno alcuna volontà nel cedere. Così come il regime non cede –l’ultima grande
notizia è che le donne trovante senza hijab saranno multate anche fino a 60 mila
dollari, una mera scusa per arrestarle e intimidirle. Ma le donne non ci
stanno, continuano a non portare il velo, ad essere disobbedienti e a credere
nella loro libertà. Perché la loro lotta non è una questione legata al velo, ma
è per una condizione di libertà collettiva. La rivoluzione andrà avanti fino a
che non arriveranno dei risultati. Sappiamo che le rivoluzioni hanno bisogno di
tempo, quindi dobbiamo resistere e andare avanti anche noi.
Come si inserisce, in tutto questo, l’episodio di
avvelenamento delle studentesse nel tentativo di impedire l’accesso alla scuola
e in che modo spingerà le donne a continuare a lottare?
L’avvelenamento nelle scuole femminili non è un caso. Le
scuole elementari, medie e superiori sono state prese di mira volutamente perché
bambine e adolescenti fin dai primi giorni della rivoluzione hanno iniziato a
strappare le foto delle guide supreme dai loro libri, dalle loro classi, hanno iniziato
a non portare il velo a scuola. Tutte queste forme di disobbedienza sono state
considerate un insulto: strappare o bruciare le foto della guida suprema è
un’azione molto forte, è un messaggio per dire che essi non esistono, che non hanno
potere. Qualche tempo fa, la guida suprema ha affermato che tali comportamenti
dovevano essere puniti perché erano una profonda mancanza di rispetto: qualcuno
ha esaudito il suo desiderio. Questi attacchi nelle scuole in realtà sono cose
che noi abbiamo già visto a novembre: nelle scuole avevano iniziato a buttare
gas, di cui non si conosce l’origine chimica-biologica e non sappiamo che tipo
di effetti in futuro avranno sui loro corpi e sulle loro menti. Sappiamo
unicamente che tutti questi episodi sono nati per punirle e per non farle
uscire di casa. Nonostante ciò, le donne iraniane continueranno a lottare: se
una bambina di sei, sette anni è consapevole di star facendo a fare un atto
rivoluzionario, ci sta insegnando che dobbiamo andare avanti. Bambine, donne e
famiglie non si fermeranno, andranno avanti. Anche tutte quelle ragazze che
dopo aver registrato i video in cui ballavano sono state costrette a fare delle
scuse pubbliche hanno spinto le loro coetanee a fare altrettanto. Stanno
facendo tutto ciò che non possono fare come atto rivoluzionario per avvicinarsi
sempre di più alla libertà.
Secondo lei, oggi, che cosa non ha ancora fatto l’Europa per
dare un supporto concreto alle donne iraniane?
Il consiglio europeo ha nelle sue mani una delle decisioni
più importanti della storia non solo iraniana ma del mondo. A gennaio passò la
risoluzione al Parlamento Europeo di mettere nella lista di terroristi i Guardiani
della Rivoluzione Islamica iraniana, che sono i principali detentori dei beni e
delle economie iraniane. Essi hanno potere non solo in Iran ma anche
all’estero: i guardiani, infatti, hanno legami con Siria, Iraq, Venezuela, Cina
e Russia. Non è un caso che i droni iraniani siano stati venduti alla Russia. Questi
sono tutti temi che dovrebbero far capire che questo potrebbe essere il momento
giusto di rendere uno dei paesi principali al mondo e del Medio Oriente un
posto democratico e libero che potrà beneficiare soprattutto l’Europa. La
risoluzione è stata approvata dal Parlamento Europeo ma in questo momento è
ferma al Consiglio Europeo dove - se dovesse passare - avverrebbe davvero un
cambiamento epocale. Solo in quel momento l’Unione Europea avrà fatto una vera
parte per fermare questo regime. E per aiutare le persone in maniera legittima,
per far crollare questo regime che si fonda sui legami economici e politici dei
Guardiani, un corpo che risponde solo alla Guida Suprema ed è composto da più
di duecentomila persone: fermandoli, impedendoli di avere più accesso ai loro
beni, ai loro profumati conti correnti che si trovano nelle banche
internazionali, si riuscirebbe davvero ad indebolire l’attuale regime.
Della condizione femminile in Iran e Afghanistan ho parlato anche qui, insieme alla giornalista Barbara Schiavulli, soprattutto rispetto l'accesso all'istruzione.
Federica Carla Crovella
Commenti
Posta un commento
Il vostro commento sarà sottoposto alla verifica del moderatore, quindi non sarà visibille immediatamente. Se verrà ritenuto pubblicabile, comparirà nei prossimi giorni.