Scuola e congedo mestruale: la cronaca attraverso gli occhi della medicina

Associazione La Voce di Una La Voce di Tutte

Spesso alle ragazze capita di sentirsi dire: “insomma, quante storie, hai le mestruazioni, non sei malata!”

In alcuni casi, però, l’appuntamento mensile con il ciclo mestruale può davvero essere invalidante; tanto che, nei giorni scorsi un liceo di Ravenna ha concesso due giorni al mese di assenza alle ragazze che soffrono di dismenorrea. Se presenteranno un certificato medico all’anno che attesti la sindrome, queste assenze non saranno calcolate tra quelle che devono essere tenute in considerazione perché l'anno scolastico risulti valido. 

L’iniziativa è la prima in Italia e ha guardato all’estero, in particolare alla Spagna, che prevede per le lavoratrici il congedo mestruale di tre giorni al mese per le donne con un ciclo mestruale particolarmente doloroso. La proposta è arrivata dalle rappresentanti degli studenti e delle studentesse, per portare anche nella scuola la consapevolezza di come avere le mestruazioni non sia sempre facile.

Riconoscere il dolore femminile 

Per capire meglio che cosa significhi soffrire di questi disturbi e, soprattutto, come questa iniziativa possa riconoscerli – senza farsi più condizionare dai tabù– e contribuire ad alleviarli, ho chiesto il supporto di Arianna Galeti, infermiera e membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’associazione “La voce di una è la voce di tutte”.

Che cosa significa soffrire di patologie come dismenorrea o endometriosi e dover comunque andare a scuola o a lavorare, come avviene nella maggioranza dei contesti in Italia che non prevedono un congedo?

Convivere con condizioni croniche ed invalidanti come l’endometriosi ci pone ogni giorno di fronte a dei compromessi: è necessario tener conto dei sintomi che ne conseguono, compresa la dismenorrea, che si presentano quotidianamente o con una certa periodicità e quindi sappiamo gestire con strategie più o meno convenzionali. Oltre a questi, è necessario prendere in considerazione la possibilità che se ne aggiungano degli altri, imprevedibili, acuti e di difficile gestione. Dunque, per non rinunciare a condurre una vita attiva, mettiamo in atto ogni giorno espedienti che ci aiutano a stimare la nostra energia disponibile che ci permetterà, o meno, di affrontare la giornata. Quando l’intensità dei sintomi, in particolar modo del dolore, è talmente elevata da indurci a comprendere che il nostro corpo ha bisogno di riposo e di cure, non possiamo far altro che assecondarlo.

In che modo questi due giorni al mese di congedo possono sollevare le ragazze che soffrono nel periodo del ciclo mestruale sia dal punto di vista fisico sia sul piano emotivo?

Avere la possibilità di legittimare questo nostro bisogno lo renderebbe meno frustrante e socialmente compreso ed accolto. Eviterebbe inoltre la necessità di ricorrere all’assunzione di terapie farmacologiche inappropriate, spesso inefficaci, nel tentativo di risolvere il disturbo in atto al fine di raggiungere il luogo di studio/lavoro.

Quali potrebbero essere, invece, i limiti di questa iniziativa e come si possono fronteggiare?

Tale iniziativa potrebbe generare criticità per lo più burocratiche e prescrittive. 

Quelle burocratiche potrebbero essere rilevate dagli istituti scolastici che dovrebbero elaborare un documento da allegare al curriculum scolastico della studentessa, che riporti il diritto ad usufruire del congedo per dismenorrea. Sarebbe utile redigere un modello unico a livello regionale, o addirittura nazionale, dematerializzato e di facile fruizione che sia associato all’anagrafica della studentessa e la segua nel percorso formativo (in caso di eventuali trasferimenti da un istituto all’altro).

Quelle prescrittive potrebbero essere rilevate dai Medici di Medicina Generale e/o dai ginecologi ai quali andrebbe fornita una precisa procedura operativa (magari elaborata dal Ministero della Salute) che disciplini la corretta redazione della certificazione secondo criteri diagnostici predefiniti, che non lasci spazio alla discrezionalità.

L’iniziativa della scuola di Ravenna riconosce che in alcuni casi il ciclo mestruale è davvero invalidante. In che modo, anche a partire da iniziative come questa, si può davvero sensibilizzare e creare consapevolezza in chi non è coinvolto in prima persona, come ad esempio il genere maschile?

La consapevolezza passa attraverso la corretta informazione. Sarebbe importante che tutti gli istituti scolastici organizzassero degli eventi info-formativi, erogati da professionisti sanitari dedicati, che siano in grado di fornire semplici nozioni di base relative alle manifestazioni cliniche che si associano alla mestruazione, compresa la dismenorrea. In questa attività di sensibilizzazione porrebbero essere convolte associazioni di volontariato, come la nostra, e in particolare i comitati tecnico scientifici i cui membri mettano a disposizione le proprie conoscenze con lo scopo di risolvere eventuali dubbi degli studenti e delle studentesse riguardo tale tematica.

Perché in Italia raramente si riconosce che avere le mestruazioni può minare il benessere delle donne e lo svolgimento delle attività più semplici?

Probabilmente la mancanza di sensibilità da parte del Paese rispetto al benessere femminile, in correlazione alle fasi del ciclo mestruale, deriva da molteplici fattori: innanzitutto è ancora presente il tabù delle mestruazioni, se ne parla poco e con timore, se ne parla tra simili senza coinvolgere il sesso maschile, non se ne parla abbastanza alle istituzioni. Inoltre, la vulnerabilità correlata alle mestruazioni, soprattutto se particolarmente dolorose e limitanti, viene percepita spesso come una realtà da nascondere agli occhi della società poiché penalizzante e disonorevole. Sarebbe necessario un drastico cambio di mentalità a riguardo, sostituendo il tabù con la corretta informazione e comunicazione, l’isolamento con la condivisione e accogliendo la vulnerabilità come una condizione transitoria da affrontare e rispettare con dignità.

 

Federica Carla Crovella

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