Sessimo linguistico: un esempio che ci riporta indietro nel tempo


Oggi si comincia lentamente a capire che la lingua si può usare senza scivolare nel sessimo. Ad esempio, si inizia a parlare della necessità di declinare i sostantivi  al femminile e si mostrano possibili alternative al maschile sovraesteso. Ma è sufficiente?

Spesso, non ci si rende conto di usare espressioni poco rispettose, non solo verso le donne ma in generale nei confronti di altre identità; altre volte, invece, c'è anche chi se ne accorge eccome, ma continua a farlo. 

Per un reale cambio di passo uno degli strumenti è la consapevolezza.  Facile? Non sempre. Davanti a un insulto o un'offesa palese rivolta alla sessualità femminile, non ci sono dubbi sulla loro natura sessista, ma, a volte, non è così immediato. Nella nostra cultura e nel nostro modo di sentire, certi pregiudizi e stereotipi sono così radicati che, non solo fatichiamo a riconoscerli, ma spesso diventano la norma, perdendo ogni valenza negativa. 

Questo è il caso del sessismo linguistico (benevolo), che, anche se a volte non ce ne accorgiamo, nasconde dietro il falso complimento o dietro lo scherzo un'offesa o una svalutazione. 

Un esempio -  usato troppo spesso - 

La Treccani definisce l’espressione “gentil sesso” come modo tradizionale, oggi poco accettato, di designare globalmente il sesso femminile. 

Se nel lontano passato designava caratteristiche come amabile e garbato, fine, delicato, oggi ha una valenza diversa e, di conseguenza, è cambiato l’uso che si fa del termine. L’espressione originaria non ha un intento di svalutazione sociale, ma di esprimere raffinatezza e armonia fisica; tuttavia, sottolinea sempre la Treccani, oggi si usa con accezione scherzosa per indicare proprio il sesso femminile. Potenzialmente, questa espressione potrebbe essere sostituita da diversi altri termini, che davvero sono sinonimi del termine "donna" senza valenza negativa. Invece, quando si usa l'espressione "gentil sesso" si tende a fare dell’ironia su alcune caratteristiche, fisiche e caratteriali, che secondo la tradizione sarebbero proprie delle donne, perpetuando così degli stereotipi e dando al termine “gentil” l’accezione di bello e/o debole.

Qualche esempio dalla letteratura, per capire meglio come si usava in passato “gentil”:

“Biondo era e bello e di gentil aspetto” (Dante)

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende (Dante)

 Che cosa c’è, oggi, dietro il termine?

Dentro questa espressione ci sono stereotipi legati alla fisicità femminile, che rimandano a una corporeità morbida e accogliente, a tratti aggraziati e delicati, ma al contempo anche all’assenza di vigore e forza fisica, che, invece, deve spettare agli uomini.  Quali tratti caratteriali stereotipati nasconde? Per esempio la docilità d’animo e l’accondiscendenza, l’amorevolezza e l’inclinazione al lavoro di cura, ancora oggi visto come qualcosa di tipicamente femminile, ma anche la castità e la riservatezza.

È una locuzione utilizzata spesso nel linguaggio parlato, nella pubblicità e nel giornalismo, quindi in contesti prettamente divulgativi, soprattutto quando i contesti di riferimento sono moda, cultura e costume. L’aspetto più sbagliato e offensivo, però, è che con l’uso di questo termine non si rimanda affatto a caratteristiche fisiche o caratteriali che hanno a che fare con la "gentilezza", che in sé non ha nulla di offensivo. Invece, questa espressione è usata in relazione a tanti aspetti della vita delle donne, in modo quasi interscambiabile, per indicare che si sta parlando di una donna e associarle a prescindere quella montagna di stereotipi sessisti che l’hanno identificata da sempre come subalterna all’uomo. È da precisare che questo non sempre viene fatto in modo consapevole e con chiaro intento discriminatorio; per molte persone semplicemente è un’espressione entrata nell’uso, ma manca la consapevolezza di quanto sia sbagliato usarla.

Le alternative sono incredibilmente semplici: le donne, la popolazione femminile, il genere femminile. Perchè non abbandonare questa espressione e, di conseguenza, smettere di veicolare, più o meno esplicitamente, gli stereotipi che si cerca di combattere in ogni modo? 

Ecco qualche esempio dell'uso che spesso viene fatto di questo termine dalle testate giornalistiche, così da poter riconoscere l'errore. 

Spesso si usa per designare posizioni apicali: "Nel consiglio direttivo della Bce non c’è neanche un esponente del “gentil sesso”, sono tutti signori grigi e incravattati"; altre volte per  indicare genericamente la parte di popolazione femminile: "Ma perché la cistite colpisce prevalentemente il gentil sesso? Responsabile di ciò è l'anatomia". Capita che il giornalismo ricorra a questo termine anche per sottolineare caratteristiche positive della donna: "la tenacia, il coraggio e la volitività che contraddistinguono il gentil sesso", scrive un articolo. Anche se la connotazione che si vuole dare in questo caso è positiva, non cambia quella ironica del termine, che, per di più, stride con il tono della frase. Forse, quindi, in questi casi l'uso che se ne fa è ancora più sbagliato, perchè sembra sminuire proprio le caratteristiche positive di poco prima. 

Come sempre, basta un po'di attenzione in più, accanto alla sensibilità. A leggere certi articoli e ascoltare certi discorsi, viene da chiedersi quale delle due manchi... anche se, fortunatamente, ci sono anche le eccezioni positive. 

Federica Carla Crovella 





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