Il problema dell'omofobia tra linguistica, storia e attualità


Con la fine di giugno si chiude anche il mese del Pride, ma non scompare la necessità di continuare a parlare di diritti e rispetto per le persone LGBTQ+. 

Perchè bisogna ancora ricordarlo? Perchè spesso imperversa ancora l’omofobia. Che cosa si intende, quando si parla di questo fenomeno? 

 Accenni linguistici 

È un termine che viene dal greco homos, “stesso, medesimo”, e phobos, “paura”. L’enciclopedia Treccani la definisce come avversione ossessiva per gli omosessuali e l’omosessualità.

Politica, istituzioni di vario tipo, comunicazione e informazione con l’uso di questo termine intendono gli atteggiamenti e i comportamenti discriminatori, inflitti sulla base dell'orientamento sessuale, ledendo diritti e dignità di chi non si riconosce nel binarismo di genere.

In particolare,  dal maggio 2012 il Parlamento Europeo la definisce un’avversione «irrazionale», «basata sul pregiudizio»; per questo «analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo»; come tale, si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali «discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza»

Come riporta anche La Fondazione Umberto Veronesi c’è chi, all’interno della comunità scientifica, c’è chi per interpretare questo termine parte «dalla categoria diagnostica di fobia, descrivendo l'omofobia come patologia psichiatrica. Quest'uso resta oggetto di discussione ma ad oggi il DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV) non l’ha mai registrato».

In anni più recenti, a questo termine sono stati affiancati lesbofobia e transfobia, che indicano rispettivamente forme di avversione più specifiche basate su orientamento sessuale e identità di genere, ovvero verso le donne omosessuali e le persone transessuali.

Uno sguardo alla storia del fenomeno 

Anche la storia aiuta a capire di più su questo termine, sull’uso che ne viene fatto oggi, e soprattutto, su questo sentimento. Infatti, per parlare di omofobia dal punto di vista diacronico, ovvero nel corso del tempo, bisogna tornare molto indietro. 

Vediamo subito come nei secoli sia sempre stata imperante e, in passato, le persecuzioni nei confronti delle persone omosessuali incredibilmente crudeli. 

Il Levitico riporta: 

"Se uno ha con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna, ambedue hanno commesso cosa abominevole; dovranno esser messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro", Levitico 20:13). 

Secondo lo storico Giovanni Dall'Orto, l'omoessualità è arrivata in Occidente attraverso il Cristianesimo, non più come abominio ma con la valenza di atto contro natura. Anche l'mpero romano e quello bizantino tramandano una legislazione molto repressiva: nel 390 d.C. gli  imperatori Teodosio I, Valentiniano II e Arcadio, introdussero il rogo e, a seguire, l'imperatore bizantino Giustiniano nel Corpus iuris civilis decise di ricorrere all'estremo supplizio contro i colpevoli di "diabolica atque illicita luxuria", autori di "scostumatezze che nemmeno gli animali compiono" per evitare la vendetta di Dio che scatena "carestie, terremoti e pestilenze".  I Visigoti misero in atto la castrazione e il bando per l'omosessualità. 

Nel 1260 circa, un manuale giuridico francese, conservato alla Biblioteca nazionale di Parigi, sanciva una crudele e macabra condanna per le persone omosessuali: 

"Colui che è comprovato sodomita deve perdere i testicoli. Chi lo fa una seconda volta, deve perdere il membro. E se lo fa una terza volta, deve essere arso". E se la comprovata è una donna "a ciascun atto deve perdere un arto, e la terza volta dev'essere arsa. E tutti i loro beni li confisca il re". 

Nel 1479 Ferdinando D'Aragona e Isabella di Castiglia sostituirono la castrazione e la lapidazione con la pena del rogo. 

Come cambia nel tempo la percezione delle persone omosessuali? 

Un cambio di passo arriva con l'Illuminismo, in paerticolare nel 1791, quando  l'Assemblea Costituente francese abolì la pena capitale per eresia, stregoneria, sodomia, definiti "delitti senza vittime". La riforma venne incorporata nel Codice Napoleonico, che interessò a tutti gli Stati conquistati, compresa l'Italia. 

La nozione di omosessualità muta poi nell'800, quando la medicina definisce gli omosessuali malati affetti da "istinto sessuale patologico", "inversione sessuale", "degenerazione" o "involuzione genetica dell'organismo". 

L'omosessualità negli USA rimase un reato fino agli anni Ottanta del Novecento; invece, in Europa risale al 1981 la sentenza della Corte dei Diritti Umani che si esprime contro le norme penali sui rapporti omosessuali. In Italia c'è la depenalizzazione dell'omosessualità già nel 1890, con il codice Zanardelli, ma quello che sembra un passo in avanti e un'apertura verso la libertà, nasconde una modalità di repressione più subdola:  “la tolleranza repressiva”, che delega la questione non al discorso pubblico, ma a quello spirituale della chiesa. 

Cosa dicono i dati? 

Tra il maggio del 2021 e il maggio del 20221 ameno 148 persone, soprattutto ragazzi sotto i 30 anni, hanno denunciato di essere state vittime di omofobia. A questi casi bisogna aggiungere gli ospiti delle “Case Rifugio” per persone LGBT+ di Torino, Milano, Roma, Napoli, circa cento. Si può anche ipotizzare che per i motivi più disparati, in primis forse privacy e paura, altre persone abbiano sopportato senza denunciare. Altri dati sulla situazione attuale si possono reperire qui 

Federica Carla Crovella 



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