Luci e ombre della nuova presidenza del Parlamento Europeo




È stata eletta al primo turno con una maggioranza schiacciante: 458 voti a favore; le schede bianche e nulle solo 74. Da oggi la maltese Roberta Metsola è la Presidente del Parlamento Europeo. Ha avuto ben 113 voti in più del suo predecessore Sassoli, che infatti era stato eletto al secondo turno.

Appartenente al Partito Popolare Europeo, Metsola è la terza donna nella storia a ricoprire questo ruolo; prima di lei c’erano state solo Simone Veil (1979-1982) e Nicole Fontaine (1999-2002).

 A che punto è l’Europa?

Nel corso degli anni è aumentata la presenza di donne nei governi e nei parlamenti europei, in termini di quantità, ma “le sedie del potere” sono ancora prevalentemente maschili. Secondo i dati Eurostat del 2019, prima della pandemia il 31,4% dei membri di tutti i governi dei paesi Ue era donna. Ciò significa meno di un terzo, nonostante la situazione fosse in miglioramento rispetto al passato. Dati più recenti? Stando al Gender Equality Index del 2021, la dimensione del potere femminile è quella in cui l’Europa nell’ultimo anno ha totalizzato il punteggio più basso: 55 punti su 100. Anzi, dovremmo parlare di poteri, perché si considera quello politico, quello economico e quello sociale.

Per quello che ora è il nostro focus, ovvero la politica, le donne sono poche al potere nei parlamenti e nei governi europei (58,5/100).

Con l’elezione di Metsola ci sono tre donne a ricoprire tre importanti cariche europee. Accanto a lei Ursula Von Der Layen alla Commissione europea e Christine Lagarde alla Bce. Oltre alla neoeletta, c’erano altre due donne candidate: per i Verdi la svedese Alice Kuhnke e per la Sinistra la spagnola Sira Rego. Possiamo considerarli dei passi in avanti? Forse sì, se ripercorriamo la storia delle donne e del loro accesso alle cariche politiche, anche se questo stride un po’ con le percentuali sul potere femminile.

 Non basta essere donna

Le prime parole della Presidente sono state di ringraziamento a Sassoli, manifestando la volontà di raccogliere l’eredità del suo predecessore e fare del suo meglio per portare avanti il testimone:

foto da ansa.it 
«Onorerò David Sassoli come presidente battendomi per l’Europa. Lui era un combattente per l’Europa, credeva nel potere dell’Europa. Grazie David. Voglio che le persone recuperino un senso di fede ed entusiasmo nei confronti del nostro progetto. Credo in uno spazio condiviso più giusto, equo e solidale»

L’accesso di una donna ad un ruolo di leadership non può che essere un passo in avanti e una buona notizia. Certo è che, non a torto, le sue posizioni dichiaratamente antiabortiste suscitano perplessità e polemiche. Di fatto, questa è un’ombra che fin da subito cala sulla sua presidenza.

Proprio Malta è l’unico Paese dell’Unione Europea in cui l’aborto è ancora illegale, anche in caso di incesto o stupro. Lei stessa, nel 2015, aveva manifestato chiaro dissenso rispetto a un report europeo sull’uguaglianza di genere, che includeva l’accesso all’aborto sicuro tra i requisiti di parità. Nonostante si fosse dichiarata pienamente favorevole a supportare la lotta per la parità di genere, in quell’occasione aveva parlato di «riferimenti inaccettabili all’aborto».

Consapevole delle critiche che le sue posizioni hanno suscitato già prima della sua elezione, ha precisato che la sua linea rispetto all’aborto risponde ad esigenze politiche di Malta e ha annunciato che non esprimerà più alcun voto a riguardo.

Nel suo discorso ha fatto notare che

«i diritti delle donne non sono ancora sufficientemente garantiti, la lotta per un’eguaglianza reale deve andare oltre le apparenze e impregnare tutto quello che facciamo, e io sarei orgogliosa di essere il presidente che conduce questa battaglia e onorare l’eredità di tutti coloro che hanno ricoperto questa funzione in passato».

Tuttavia, se si parla di diritti, non si può negare che quello all’aborto sia tra i più determinati per la vita di una donna, indipendentemente dalle posizioni che ciascuna, con una scelta del tutto personale, assumerà in merito; né tantomeno, si può considerare inaccettabile che questo diritto sia un requisito per la parità.

Metsola ha anche affermato con orgoglio che l’elezione di una donna a Presidente dell’Unione può essere un segnale forte per il mondo. Come darle torto? Certo, non è sufficiente il genere, e forse non conta nemmeno tanto, se poi, di fatto, una donna per prima limita un diritto fondamentale per le altre donne. Non si superano il gender gap e il soffitto di cristallo con una quota rosa, ma serve coerenza tra pensiero, parola e azione.

Per ora, con un po’ di malizia, potremmo dire che il gesto simbolico è stato fatto e questa giornata ha assunto il sapore di un passo in avanti verso la parità, anche se resta un retrogusto un po’ amaro.

Da più parti ci sono dei dubbi sulla possibilità che Masala esprima anche con i fatti la sua volontà di stare dalla parte delle donne. Come biasimare lo scetticismo? Ma staremo a vedere.

 Federica Carla Crovella

 

 

 

 

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