Un libro dentro un'intervista: parliamo di violenze e sorellanza
Foto di Blitos Edizioni | Facebook |
Christine Pavan è la protagonista del nuovo libro di Maria Dolores Secco, 9 volte me, pubblicato da Blitos Edizioni in occasione dello scorso 25 novembre. L’autrice si è identificata molto con il suo personaggio e, a questo proposito, mi dice :
«Ogni scrittore mette un po’ di sé in tutto ciò che scrive. Christine è un personaggio di fantasia, ma mi rispecchio in lei per tanti aspetti. Chi ha avuto modo di leggere la mia autobiografia, La Leggenda dei 40 giorni, lo noterà sicuramente».
L’ispirazione, però, è arrivata anche dalle donne che accompagnano il percorso della sua protagonista. Infatti, l’autrice esprime così la sua gratitudine:
«Ringrazio e abbraccio le otto reali donne che hanno ispirato le pagine di questo romanzo. Siete forti, sappiatelo».
Quali sono gli obiettivi del libro? Diffondere la consapevolezza di che cosa sia la violenza sulle donne, insieme alla cultura del rispetto, abbattendo gli stereotipi di genere, che ancora oggi ingabbiano donne e uomini.
Ma c’è di più: parte del ricavato delle vendite del libro sarà devoluto all'associazione Libera di Vivere, fondata da Barbara Bartolotti; l’associazione vuole essere un punto di riferimento per tutti coloro che subiscono violenza, dalle aggressioni fisiche a quelle psicologiche e verbali.
Quando le chiedo quale violenza voglia raccontare nel suo lavoro, Maria Dolores Secco risponde con una citazione dal libro, che riassume in modo completo e puntuale tutto ciò che significa abuso.
«Ogni volta che sfiorano il tuo viso con prepotenza, con parole di rabbia, con l’intento di farti tremare, ogni volta che ti fanno sentire incapace, fuori luogo o a disagio, ogni volta che non rispettano un tuo no, quella è violenza. Anche una parola può cambiare il mondo».
«Sono stata spettatrice di violenza e ho subito violenza. Quando ho scritto queste parole ho dato voce a ciò che sentivo dentro. L’apice della violenza sulle donne è il femminicidio. Quando non uccidono il tuo corpo, ma la tua dignità sì, non sei davvero viva, quella è solo sopravvivenza. La violenza è una ferita che ti porti dentro, sempre. Non c’è differenza tra un pugno e i maltrattamenti emotivi: entrambi lasciano dei segni».
Con queste parole, tocca un punto cruciale: non si può parlare di violenza solo quando arriva uno schiaffo o la lama di un coltello si conficca nella carne.
Il libro è un esempio di sorellanza e forza femminile. Maria Dolores sapeva bene quale importanza avessero questi due aspetti quando ha deciso di mettersi a scrivere e continua ad esserne consapevole.
Così, mi racconta che cosa
hanno significato per lei:
«Sono importantissimi. Alcune donne mentre raccontavano il loro vissuto, proprio come nel libro, non capivano fino in fondo cosa stesse accadendo. Una ragazza in particolare, si è commossa ringraziandomi per aver spiegato a parole ciò che lei non riusciva a dire. È stato un profondo insegnamento, anche per me stessa. La consapevolezza è il primo passo per uscire da un problema. Molte volte dico che nessuno di noi è troppo piccolo per fare qualcosa di concreto e cambiare la situazione».
Prima di prendere la penna in mano, Maria Dolores si è documentata: ha letto statistiche, tante testimonianze, libri di psicologia. Ha cercato e trovato senza grande difficoltà otto donne che raccontassero la loro esperienza.
«La semplicità di questa ricerca ha ulteriormente confermato i dati statistici sulla violenza sulle donne».
Le storie seguono un filo logico e si riprendono l’un l’altra. La scelta di non dare una posizione geografica specifica non è casuale, ma permette a chi legge di immedesimarsi completamente.
Questo libro è anche un’occasione per parlare di come, spesso, la violenza sia complessa da riconoscere, camaleontica e subdola. La prima consapevolezza di ogni donna dev’essere che la violenza non è mai una sola e non necessariamente si deve manifestare con uno schiaffo o uno stupro, può arrivare molto prima, in tante altre forme.
«Già quando ti impediscono di esporre un tuo pensiero e ti sminuiscono come persona, dovrebbe suonare un campanello d’allarme. Chi ti ama prende in considerazione ciò che sei e ciò che pensi. Il che non vuol dire avere le stesse opinioni, ma è importante che non manchi mai il rispetto verso l’altra persona. Chi ti considera inferiore, prima o poi cercherà di prevaricare su di te con parole e azioni. Per molte, ancora oggi uno schiaffo non rappresenta una vera e propria violenza. Molte altre hanno paura d’esporsi, credendo di peggiorare la situazione, altre ancora non denunciano perché non hanno una indipendenza economica o un sostegno per se stesse e i loro eventuali figli».
Questi sono i
tratti di una situazione di violenza, sono i campanelli d’allarme che dicono
che siamo davanti a una persona abusante, ben prima che arrivi ad alzare le
mani. Ancora troppo spesso, però, ciò che accade prima non viene percepito come
violenza.
E allora, diamo voce a quello che spesso resta senza:
«Credo che parlare apertamente della violenza di genere, informare su come denunciare e a chi rivolgersi per un aiuto concreto, sia un primo passo per aiutare le donne a uscire dal tunnel della violenza»,
dice l’autrice.
Per concludere, ecco due consigli di lettura di Maria Dolores Secco:
«due libri che porto nel cuore sono Donne che amano troppo e Questo non è amore, un libro che parla di 20 donne che subiscono violenza domestica», senza dimenticare «l’esperienza di Barbara Bartolotti che ha fondato l’associazione Libera di Vivere».
Federica Carla Crovella
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