La lingua che cambia: un libro per rappresentare tutte le soggettività con le parole


Un libricino di poche pagine, ma denso di contenuti, che diventa un viaggio dentro ciò che possediamo da sempre, ma si evolve e cambia con noi: la lingua. A farci da guida è la docente e linguista
Manuela Manera.

Partiamo dal titolo e da una domanda: come e perché la lingua cambia? Cambia per diventare un luogo più vivibile, spiega nel finale l’autrice, si modifica perché tutte le soggettività possano avere uguali diritti e sentirsi rappresentate anche sul piano linguistico e comunicativo. Cambia perché «è relazione, identità, azione sul mondo» e perché il cambiamento della lingua si riflette anche nella realtà.Il libro, edito da Eris Edizioni, fa parte della Collana BookBlock e parla soprattutto di rappresentazione linguistica delle identità di genere. Questo è l’interesse di ricerca principale dell’autrice, che ci prende per mano e ci accompagna con passo deciso e rassicurante lungo sentieri non sempre facili da percorrere. Avete avuto la tentazione di scappare appena avete letto ‘identità di genere’? Vi aspettate un manuale pieno di tecnicismi? Se è così, sbagliate, perché Manuela Manera riesce perfettamente nel suo intento e non impone un prontuario di regole rigide, ma affronta questioni complesse sull’uso della lingua in modo accessibile ed esaustivo, proponendo «un insieme di riflessioni che, spero, ti facciano uscire dalla confort zone di quello che dai per scontato (o pensi di sapere) sulla lingua».



A chi si rivolge?

  • A chi non si occupa di linguistica, ma ha la curiosità di avvicinarsi a questi temi, che però potrebbero far paura perché c’è di mezzo la parola “genere”: è una preziosa occasione per scoprire che dietro un asterisco, uno schwa, una declinazione al femminile o il termine identità di genere non ci sono creature mostruose o fenomeni sovrannaturali.
  • A chi sente parlare di linguaggio inclusivo e già “piange la morte dell’italiano”, ma anche a chi crede di non dover più imparare nulla sulla nostra lingua, perché tutto ciò che deve sapere viene insegnato sin dalle elementari e basta e avanza già così. L’autrice non giudica, ma trasmette informazioni con la competenza e la sicurezza di chi studia la linguistica da diversi anni e sa bene che le parole non sono entità a sé stanti, astratte, slegate dalla realtà. Al contrario, le parole modificano la realtà e si modificano a loro volta insieme alla società, non sono né statiche né rigide. A riprova di questo, non a caso, si sofferma sull’uso del termine “femminicidio” e poi sull’espressione “patria potestà”, che poi diventa “potestà genitoriale”, poi ancora “responsabilità genitoriale”. Per noi esseri umani, parlanti, usare la lingua è un processo naturale, ma farlo con scienza e coscienza non è scontato: non sempre si hanno gli strumenti e la volontà di chiedersi il perché dei cambiamenti linguistici, né di soffermarsi sulle conseguenze che hanno sulla società. Siamo responsabili dei cambiamenti della lingua e possiamo scegliere come usarla, avendo, di conseguenza, un impatto su altre persone: anche questo è tutt’altro che scontato, soprattutto quando si tratta di linguaggio inclusivo. Grazie a questa lettura, però, il messaggio arriva forte e chiaro, non ci sono più scuse.

Nei brevi capitoli in cui il testo è suddiviso si parla anche di predominio del maschile, identità di genere, discriminazioni linguistiche e di un grande imbroglio, in cui tante persone cadono… ma non ve lo svelo di certo qui.

  • Parla anche a chi già s’interessa di linguistica e di genere e a chi desidera saperne di più, perché ha voglia di conoscere quei mondi, ragionare sulle parole e provare a diventare un veicolo d’informazione.

Perché leggerlo?

Non devo specificare a quale categoria io appartenga, vero? Ormai è risaputo che ho il pallino per la comunicazione inclusiva e rispettosa delle identità di genere, ma questo non mi impedisce di immedesimarmi in chi rientra nelle altre. 

Quindi, vi dico perchè, secondo me, è un libro da aggiungere alla vostra biblioteca personale e vi racconto che cosa mi ha lasciato questa lettura. 

Mi ha confermato quanto sia importante continuare formarsi e informarsi costantemente, anche quando si ha la convinzione di sapere già. Mi ha confermato quanto sia urgente parlare di linguaggio inclusivo e rispetto per le identità e mi ha ribadito quanto siano fondamentali apertura e ascolto verso chi non ha la nostra percezione delle cose e delle parole. Mi ha confermato che si può rispondere al benaltrismo e all’arroganza, ma soprattutto, mi ha aiutato a capire come: con competenza, cognizione di causa e pacatezza, trasmettendo valore in modo accessibile.

Forse, non è così impossibile arrivare anche a chi, fermandosi al titolo, alzerebbe il sopracciglio con un po’ di scetticismo.

 Federica Carla Crovella

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