“Io sono mia”: storie di consapevolezza e rinascita


Io sono mia, Capovolte Edizioni

«Uscire dalla violenza significa riprendere il controllo della propria vita e delle proprie decisioni. L’unica via di una donna per venire fuori dalla violenza maschile passata, presente e futura è essere e sentirsi libera di fare le proprie scelte, di dire di no, di amarsi prima di amare». 

Dentro queste poche righe c’è tutto Io sono mia, il libro di Luca Martini edito da Capovolte Edizioni

Non credo si potesse scegliere titolo migliore per raccontare storie di rinascita femminile. Al centro di questo lavoro, infatti, ci sono le donne che si rivolgono ai Centri Antiviolenza e le operatrici che le accolgono: dal libro si solleva un intreccio collettivo di voci, che diventa un racconto corale, mentre sul piano spazio-temporale si avvia un viaggio dentro i Centri della Rete D.i.Re d’Italia.

Due grandi filoni per tante storie

Il fulcro del libro è il percorso di uscita dalla violenza, che l’autore ha potuto raccontare innanzitutto mettendosi in ascolto. Si susseguono tante voci e tante storie - sia delle operatrici dei Centri sia delle donne ospitate - in una viva alternanza di punti di vista. A “guidare” i racconti e le testimonianze c’è la voce di  Luca Martini, che diventa, per così dire, “il reporter” di questa catena di storie, inserite in una cornice a metà tra l’inchiesta e il diario di viaggio. Non disegna il ritratto della fragilità, ma trasmette la forza, la determinazione, il coraggio di chi alla violenza vuole dire basta, racconta vicende di altruismo, ascolto, fiducia, rinascita e sorellanza. 

Cosa sono i centri antiviolenza? Come lavorano? Capitolo dopo capitolo, voce dopo voce, il libro racconta in pillole la nascita, la storia, il ruolo di questi luoghi; cerca di mostrare dall’interno i problemi, le difficoltà e le conquiste comuni a molti, ma soprattutto, il concentrato di umanità ed empatia che li attraversa.

 Perché leggerlo?

 Molte donne non sono realmente consapevoli di che cosa siano e che cosa offrano i Centri Antiviolenza; tante altre hanno paura dell'incertezza che il percorso in questi luoghi si porta dietro. Ecco la forza di queste storie:  raccontano che riprendere in mano la  propria vita e riconquistare l’amore per sé è possibile. Forse è proprio questo sentimento di speranza che mi ha spinta, quasi naturalmente, verso questo libro tra tanti.  Che cosa c’è di più bello, per una donna offesa dalla violenza, di riprendere contatto con la propria essenza e tornare a dire “Io sono mia”

Anche le voci delle donne sono diverse tra loro, nonostante siano legate da un vissuto comune. Alcune interviste sono state fatte a percorso concluso e restituiscono il punto di vista di persone nuove; altre durante la permanenza delle donne nei Centri e "fotografano" persone in crescita, che hanno davanti tanta strada da fare, ma anche tante possibilità di vita. Questa varietà di voci contribuisce a dare coraggio e dice a chi legge: chiunque tu sia, in qualsiasi fase della vita ti trovi, puoi comunicare il tuo disagio, ci sono persone che possono aiutarti, puoi cominciare un percorso per uscire dalla violenza. 

Accanto alla violenza fisica c'è quella psicologica, ma si legge anche di violenza giuridica, violenza economica e violenza sul lavoro. Così, il libro diventa anche uno strumento utile per diffondere la consapevolezza che non c'è mai solo un abuso non si deve aspettare uno schiaffo per chiedere aiuto.

La lettura è accessibile e coinvolgente grazie alla struttura simile all’inchiesta; lascia il segno perché entra completamente dentro “le stanze dei Centri Antiviolenza” e nelle storie delle donne, ma per lo stesso motivo, dentro questo libro qualcuno potrebbe trovare la strada per la propria rinascita.

Non è il primo sguardo che Luca Martini rivolge ai centri antiviolenza: infatti, nel 2017 aveva già pubblicato Altre stelle – Un viaggio nei centri antiviolenza, mosso da una domanda ancora molto attuale, come si legge su Il Fatto Quotidiano

 «E qual è allora il ruolo degli uomini in questo scenario? Non essere violenti certo sembrerebbe già un primo passo. Ma il passo decisivo è la partecipazione al percorso per questa parità negata, nella condivisione dei valori e dei progetti, con l’ampia, necessaria consapevolezza del proprio ruolo. Che non è passivo, non è contemplativo, ma non è nemmeno di leadership come da millenaria esperienza usurpatrice. È di collaborazione fattiva, è di ascolto, è di supporto e poi, certamente, è da protagonista nelle proprie scelte di vita».

Il valore aggiunto è proprio il punto di vista maschile, che tocca con occhi e cuore temi spesso sentiti come “riservati” delle donne. Se l’ha fatto un uomo, perché non possono farlo altri?

 

Federica Carla Crovella  

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