I numeri di una parità di genere che non c'è


Oggi è la Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze, ma che cosa c’è da celebrare? Questa giornata è stata istituita dall’Onu nel 2011 per fare luce sui loro diritti, ma più che una celebrazione, quella di oggi dovrebbe essere una mobilitazione per una situazione ancora molto complessa. Infatti, i dossier su "La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo" di Terres Des Hommes rivelano dei numeri per nulla rincuoranti.  Complice di tutto anche la pandemia.

Qualche numero sull' Italia

In Italia, a paragone con il 2019, c’è stato un aumento «del 13% delle vittime minorenni del reato di Maltrattamenti contro famigliari e conviventi. Ben 1.260 bambine e 1.117 bambini hanno subito violenze in famiglia che hanno richiesto l’intervento delle forze dell’ordine […]». I dati parlano chiaro e individuano una differenza di genere molto marcata: nel nostro Paese il 65% dei casi di violenza riguarda vittime di genere femminile. Altre forme di violenza hanno registrato un calo durante il lockdown: in particolare i casi di abuso di mezzi di correzione o disciplina (-36%), quelli di Prostituzione Minorile (-34%), gli Atti sessuali con minorenni di anni 14 (-21%), i casi di Corruzione di Minorenne (-16%,) e quelli di violenza sessuale (-13%). 

In particolare, la Lombardia è la prima regione d’Italia per numero di minori vittime di reato (963 nel 2020), seguita da Emilia Romagna 705 vittime, Sicilia (672), Lazio (464), Veneto (443), Toscana (392), Piemonte (364) e Campania (360). In tutti i casi elencati il genere femminile è quello che subisce maggiormente.

Cosa accade in altre parti del mondo

Tra dispersione scolastica e spose troppo giovani 

Anche in Italia, ma soprattutto in altre parti del mondo, i dati più preoccupanti sono quelli che riguardano l’accesso delle bambine all’istruzione e i matrimoni precoci. Secondo Save the Children, la possibilità di frequentare la scuola rimane ancora un privilegio maschile: infatti, sono 9 milioni le bambine che probabilmente nei prossimi anni non riusciranno ad accedere alla scuola primaria. Si tratta di un numero tre volte superiore rispetto a quello dei coetanei maschi, che riguarda soprattutto Asia meridionale e Africa subsahariana. 

Ancora oggi nei paesi più poveri quando si tratta di scegliere di investire sul futuro di  figli e figlie i privilegiati sono i maschi. La dispersione scolastica, maggiormente diffusa tra le ragazze, ha visto un notevole incremento anche a causa della pandemia di Covid: infatti, con la chiusura delle scuole le ragazze sono tornate a occuparsi prevalentemente di attività domestiche e in molti casi per loro è stato praticamente impossibile l’accesso alle lezioni da remoto. Parliamo di Paesi in cui già prima del Covid c’erano forti discriminazioni di genere, anche in fatto di istruzione, ma, stando ai dati Unicef, dove bambine e ragazze hanno avuto accesso allo studio si è verificata una diminuzione di violenze, sfruttamento, gravidanze precoci o indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili. Allora, immaginiamo il salto indietro portato dalla pandemia. 

Un problema altrettanto urgente è quello dei matrimoni precoci. Secondo l’ultimo rapporto Unicef, negli ultimi 10 anni, nel mondo la percentuale di giovani donne che sono state date in sposa da bambine è diminuita del 15%; il covid, però, ha frenato questa positiva inversione di tendenza. Le cause? Anche in questo caso, tutto ciò che il Covid ha portato con sé: dalla chiusura delle scuole alla crisi economica, la morte di genitori a causa del virus e l’isolamento sono tutti fattori che non aiutano di certo la condizione delle giovani donne. Il fenomeno dei matrimoni precoci riguarda soprattutto Paesi come Bangladesh, Brasile, Etiopia, India e Nigeria, ma non esclusivamente. Anche i presupposti per il futuro non sono positivi: infatti, entro il 2030 potrebbero verificarsi 10 milioni di matrimoni precoci in più, minacciando anni di progressi nella riduzione della pratica. La conseguenza del matrimonio precoce è una possibilità per le bambine decisamente bassa, e talvolta nulla, di proseguire gli studi e affermarsi nel mondo del lavoro; mentre per loro si alza il rischio di gravidanze indesiderate e violenze domestiche.

Quando il genere determina la vita 

In India e Cina oggi c’è un’enorme differenza di genere anche per via di un altro fattore, che si è insinuato tra la popolazione nel corso degli anni: l’aborto selettivo. Le bambine a cui tra gli anni Ottanta e Novanta è stato negato di venire alla luce, proprio a causa del loro genere, o quelle abbandonate a cui sono state negate le cure a causa nei primi mesi di vita, sono quelle donne che oggi non sono parte della popolazione. 


In Cina, proprio quest’anno, c’è stato un cambio di passo e sono arrivate restrizioni sull’aborto. Ravvedimento? Sarebbe bello, ma è più probabile che sia una scelta dovuta a una necessità di incremento demografico. Infatti, la Cina è uno dei Paesi con il tasso di natalità più basso, probabilmente anche in seguito alle sterilizzazioni forzate avvenute negli anni. Nel 2020 le nascite sono diminuite di quasi due milioni: ecco che, allora, una politica di questo genere porterebbe un aumento demografico e, di conseguenza, anche della forza lavoro, a cui seguirebbe la crescita economica.

Perchè i dati e le giornate dedicate?

Partire dai dati significa entrare in un problema attraverso fonti attendibili e verificate e restituire l'immagine del mondo in cui viviamo. Per questo, raccogliere e presentare i dati dovrebbe, prima di tutto, dar voce a un problema oggetivo, che magari è spesso è sottovalutato; poi stimolare la riflessione e l'azione concreta, la ricerca di soluzioni

Cosa succede quando si tratta di donne? A volte si parla e si scrive di parità di genere e inclusività per stare al passo col calendario, che segna la Giornata Internazionale delle Bambine e delle Ragazze, oppure il 25 novembre e l'8 marzo. Diventa un atto convenzionale e conveniente, che restituisce una certa immagine inclusiva, che oggi va tanto di moda. Ma serve a poco farlo, se poi si torna ad alzare le mani, a retribuire in base al genere, a usare un linguaggio sessista e così via, perchè diventa la norma, l'abitudine, lo specchio della nostra cultura. Sono occasioni simboliche, pretesti, con una finalità: fare da trampolino per azioni di sensibilizzazione, che dovrebbero, appunto, sensibilizzare, negli altri 364 giorni dell'anno. 

Facciamo in modo che succeda. Leggiamo i dati; poi fermiamoci e lasciamo che sedimentino dentro di noi. A quel punto possiamo guardare il mondo che ci circonda, riflettere e chiederci: che cosa si può fare? Sempre che lo vogliamo fare.


Federica Carla Crovella 

 

 

 

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