"Donna" e "Uomo": per una definizione diversa

 


Il Devoto-Oli 2022 ridefinirà i vocaboli “donna” e “uomo”, con particolare attenzione a inclusione e parità di genere.

Come e perché cambiare?

Lo hanno spiegato gli studiosi Luca Serianni e Maurizio Trifone durante un incontro online dal titolo “La scuola che innova: linguaggi e racconti tra inclusione, sostenibilità e parità di genere”, mostrando come due definizioni che sembrano ormai aver detto tutto, invece, abbiano sempre qualcosa comunicare.

Rimettendo mano a questi due lemmi, si vuole mostrare prima di tutto che la lingua è in continua evoluzione e rispecchia i cambiamenti della società in cui viviamo. Alla luce di questo, una delle necessità più forti è adottare un linguaggio rispettoso, inclusivo, non discriminatorio e libero da stereotipi, che talvolta possono sfociare nel sessismo.

Il dizionario ha una posizione di equilibrio tra la lingua nel suo insieme, la tradizione e l’innovazione. Ecco che, allora, si è fatta sentire la necessità di contestualizzare dentro una tradizione puramente linguistica una serie di espressioni che non sono più al passo coi tempi, ma di non inserirle nella realtà contemporanea. Quindi, oggi, bisogna saper  conservare la presenza di certe espressioni in un dizionario storico, dove sono utili per documentare lo sviluppo, il percorso e il cambiamento della lingua, ma prenderne le distanze e sapere che non servono in un dizionario contemporaneo, che riflette il nostro modo di esprimerci e, di conseguenza, il nostro pensiero. La difficoltà dei singoli dizionari è scegliere in che modo procedere sulle singole parole, nell'ottica di diventare più inclusivi. 

Dietro il vocabolario c’è lo sforzo continuo di adeguare la lingua ai cambiamenti della società: è importante che ciò avvenga, altrimenti il vocabolario resterebbe solo un oggetto ingombrante e polveroso, simbolo del passato, e rimarrebbe quasi sempre chiuso sulle librerie.  

Aggiornare non vuol dire solo aggiungere

Come aggiornarlo? Non è importante soltanto ciò che viene aggiunto, ma anche quello che viene tolto, soprattutto se non è più al passo con i tempi e se è intriso di stereotipi.  Ad esempio, vanno in questa direzione due stereotipi classici: “la donna di facili costumi” e “l’uomo mascalzone”, entrambi eliminati dalle rispettive voci, perché non alimentino più luoghi comuni ormai superati (o che dovrebbero esserlo). Lo stesso vale per i  termini come ad esempio “zitella”, che oggi ha assunto una connotazione negativa, e per gli insulti alla voce “donna”. Su questo, è da ricordare che anche la Treccani ha annunciato cambiamenti per la sua versione online, in cui non dovrebbero più comparire parole come "cagna" o "zoccola", ma aggiungersi espressioni che valorizzino i traguardi intellettuali e sociali delle donne.

Se alla definizione di uomo si leggerà semplicemente “essere umano adulto di sesso maschile” e sotto donna “essere umano adulto di sesso femminile”, sappiate che dentro questi lemmi c’è di più. C’è tanto lavoro, ci sono dei messaggi importanti e c’è l’intenzione di trasmettere un modo di pensare più inclusivo e rispettoso. A ben vedere, l’espressione “essere umano” è già un enorme passo in avanti, perché libera le due parole da qualsiasi differenza di genere troppo netta e rigida, nel rispetto delle tante identità fluide che oggi popolano la nostra società.

Tutti gli interventi apportati sotto le due voci vogliono mettere in risalto più rispetto verso il genere ed evidenziare come le parole che trasmettono ruoli stereotipati, sia maschili che femminili, non rappresentano la nostra realtà e, quindi, non dovrebbero nemmeno rientrare nell’uso linguistico di oggi.  Serianni e Trifone hanno preso una posizione chiara: non tutte le parole che hanno connotazione negativa devono essere depennate dal dizionario, ma è fondamentale che siano accompagnate da adeguate spiegazioni, che facciano capire come si riferiscano a una visione passata e sorpassata della lingua e non siano più attuali.  

Per esempio, la riscrittura della parola donna è iniziata dalla stessa etimologia: si è detto che deriva da domina, che poi è diventato padrona di casa e da lì padrona del cuore dell’uomo, si pensi alla visione della donna-angelo in Dante. Col tempo c’è stata un’evoluzione sempre maggiore del termine ed è arrivato il concetto di donna di servizio, con una degradazione del termine. Poi, con l’evoluzione dei ruoli femminili e le posizioni assunte dalle donne nella società, nel dizionario sono arrivate la donna di scienze, la donna di legge e così via, fino ai tanto discussi femminili professionali. È importante che tutti questi passaggi linguistici siano segnalati, perché riflettono i cambiamenti della società in cui viviamo e fanno del linguaggio qualcosa che cambia con noi. 

Federica Carla Crovella

 

 

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