Donne in Afghanistan: un' informazione costruttiva per un’azione concreta



Della situazione delle
donne in Afghanistan scrivono da giorni tutti i giornali, parlano i social e le televisioni. Del resto, è una questione che non può passare sotto silenzio. In che modo se ne è parlato? C’è un solo modo per farlo?

  La Narrazione fatta dai giornali

C’è stata un' informazione costante, aggiornamenti giorno dopo giorno, ora dopo ora. Giornali e televisioni hanno "fotografato" gli sviluppi in Afghanistan e il clima che si è creato con più oggettività possibile – salvo qualche titolone forse un po’ eccessivo e ridondante – restituendo un crescendo di preoccupazione e apprensione. Questo è inevitabile, data la situazione. Prima i talebani promettono di rispettare i diritti delle donne, ma poi parlano di sharī‛a, impongono il burqa, stilano liste di donne non sposate da dare “in dono” ai combattenti talebani, chiudono l’accesso alle Università e impediscono di lavorare. Così, in meno di un mese, le donne sono di nuovo chiuse in casa per la paura.

 La cronaca vuole puntualità, attenzione alla verità dei fatti e all’oggettività, che solo chi segue gli sviluppi sul campo può restituire. Non vuole il sensazionalismo, che alla narrazione di quanto sta accadendo non aggiunge granché.

Per esempio, a che cosa servono i "titoloni" che raccontano di donne che “lanciano” i bambini dall’altra parte del filo spinato? Sicuramente è stato il gesto estremo di tante madri che hanno tentato di passare i bambini ai soldati dall’altra parte del filo, per mettere in salvo almeno loro. Sicuramente la fatica anche fisica di queste donne c’è stata in questo atto, vista la calca di persone che si vede nelle foto e nei reportage, ma è un gesto che mi pare sia stato interpretato e comunicato male. Per cosa? Avere più presa sul pubblico di lettori e lettrici? Non è utile e non è necessario, perché le vicende vissute dal popolo afgano, in particolare dalle donne, hanno già in sé una drammaticità che non può lasciare indifferenti.

Allo stesso modo, a che cosa è servito il video virale della ragazza che, nei primi giorni dopo la presa di Kabul diceva: "Noi non contiamo perché siamo nati in Afghanistan, moriremo lentamente nella storia”? Sicuramente il video è stato diffuso e con l’intenzione di dare al mondo una prova del dramma che in quei giorni vivevano le donne. Ha fatto crescere l’apprensione, come è normale che sia, ma a noi ha dato strumenti concreti per portare aiuti? Informazioni utili per intervenire concretamente?

In questi ultimi giorni è diventata ugualmente virale la foto di una famiglia afghana portata in salvo in Belgio, in cui traspare chiaramente la felicità di una bambina vestita di giallo mentre attraversa l’aeroporto.

foto da L'Avvenire

È una foto che sicuramente riempie i cuori di gioia, dopo tante immagini strazianti, e che racchiude un messaggio: qualcosa per queste persone si può e si deve fare. L’aspetto costruttivo dell’immagine è stato raccontare che gli aiuti possono arrivare, ma anche in questo caso, quali strumenti concreti abbiamo, da questa foto, per fare qualcosa di utile e concreto?

È doveroso parlare anche di chi è riuscito a salvarsi e potrà avere un futuro grazie agli aiuti umanitari. È stato fatto? Sì, per fortuna dai giornali - e non solo - è arrivato qualche spiraglio di luce, in mezzo a tante notizie di morti, feriti e diritti violati. Anche in questo caso è fondamentale raccontare tutto con attendibilità e precisione. È stato fatto, ora più ora meno, sia attraverso la cronaca sia attraverso storie di persone, enti o istituzioni che si sono attivate.

C’è un aspetto, però, nell’informazione di questi giorni che vorrei sottolineare. Le informazioni concrete e utili, per così dire “di servizio”, per dare aiuti alla popolazione sono arrivate soprattutto dai social media e dai blog; mi pare meno dagli organi ufficiali d’informazione come tv e testate giornalistiche, anche se qualche caso c’è stato.

Perché, accanto alle altre notizie, dare anche soluzioni concrete e utili ad aiutare in modo costruttivo non può diventare un modus operandi? Questo non significa “no alla cronaca, ai reportage sul luogo o alle inchieste”, sono doverose e utili per capire come si vive in quella parte di mondo, ma sono i gesti e le soluzioni concrete che aiutano queste persone, aiutando anche noi ad aiutarle.

 Per  restare al fianco delle donne

Con il 31 agosto l'Occidente ha ritirato le forze militari dall'Afghanistan, ma non le organizzazioni umanitarie. La solidarietà non si ferma. 

Il primo passo è restare informati/e ma come? Attraverso fonti attendibili. Sì a telegiornali e giornali nazionali, ma ci sono anche altre risorse che voglio consigliare.

 -le puntate di Collasso Afghano su Il Foglio

- gli account Instagram di: Cecilia Sala; Eugenia Nicolosi; Francesco Costa

Ho cercato di raccogliere in un unico elenco enti e associazioni, che operano in difesa delle donne afghane e delle loro famiglie,  a cui ci si può rivolgere per fare una donazione. Quelle indicate mi pare siano le più attive e presenti sul territorio - alcune non solo su quello italiano -.  Non è un elenco completo di tutte le associazioni attive, perché probabilmente a livello locale ne saranno nate altre, anche più piccole, che non ho reperito.



Pangea Onlus, che opera a Kabul dal 2003, ad esempio con il “Progetto Jamila”, in diversi quartieri dell’area urbana di Kabul dove hanno dato vita a un circuito di microcredito, integrato con altri servizi di tipo educativo e sociale. Il progetto è rivolto a donne estremamente povere, per la maggioranza analfabete e con problemi famigliari, ma fortemente motivate nel voler contribuire alla loro vita e a quella del loro nucleo familiare avviando un’attività di micro-imprenditoria familiare o individuale.

Pangea Onlus si è adoperata in queste settimane per andare in soccorso delle donne in Afghanistan. Il primo obiettivo per cui ha lottato in questo periodo è stato mettere in salvo lo staff afghano, composto da collaboratrici che in questi anni hanno lavorato per collaborare ad aiutare le donne. Tante donne dello staff sono stante messe in salvo e in questa fase la Fondazione sta provando a riorganizzarsi per ricominciare ad aiutare le donne e i bambini a Kabul.

Ecco che cosa raccontano nelle ultime ore sulla loro pagina Instagram: «Sono giorni impegnativi e per questo non riusciamo a scrivere. La fase di evacuazione è conclusa e ora stiamo pianificando la fase di accoglienza e integrazione. Stiamo cercando soluzioni per chi è rimasto in Afghanistan ed è in pericolo. Stiamo lavorando per proteggere le donne e i bambini che sono rimasti a Kabul senza più niente. Tante responsabilità alle quali non ci sottraiamo ma dobbiamo riflettere molto sui prossimi passi perché quello che promettiamo di fare poi lo facciamo. Siamo qui, non le lasciamo sole. Non lasciateci soli».

Ecco come sostenere Pangea Onlus Emergenza Afghanistan — Fondazione Pangea Onlus

Nove Onlus lavora a sostegno dell’Afghanistan dal 2021, andando in aiuto soprattutto di bambin*, donne e persone con disabilità. Ha sede a Roma. In queste settimane ha lavorato alla creazione di corridoi umanitari per far tornare in Italia in sicurezza più persone possibili tra quelle maggiormente a rischio e persone del proprio team di collaboratori /collaboratrici. A evacuazione terminata, Nove Onlus lavora per creare una rete che dia assistenza a donne e uomini afgani salvat* da Kabul.

Scrivono: «non abbandoneremo l'Afghanistan. Continuiamo a sostenere i bambini e le persone con disabilità. In attesa di sapere se e come ci sarà consentito svolgere attività finalizzate al miglioramento della condizione delle donne, stiamo predisponendo un programma di emergenza comprensivo di interventi come la distribuzione di cibo e assistenza sanitaria, per rispondere agli enormi bisogni delle persone in condizioni estreme di povertà, in un Paese devastato da una gigantesca crisi umanitaria».

Ha anche dato il via all'operazione fazzoletto rosso, con cui cerca di tenere alta l’attenzione e la mobilitazione generale a sostegno delle donne afghane. Di che cosa si tratta? Una semplice azione per continuare a dare visibilità all’emergenza delle donne afgane: fotografarsi con un fazzoletto rosso e a postare su tutti i social le immagini, accompagnate all'hashtag #saveafghanwomen.

Ecco come sostenere Nove Onlus AFGHAN EMERGENCY | Nove Onlus

Change.org. Nelle scorse settimane è stata diffusa sui social una petizione lanciata da change.org. Obiettivo? Richiedere subito la creazione di corridoi umanitari internazionali per mettere in salvo le donne afghane e i loro bambini, così come i bambini degli orfanotrofi di tutte le città cadute in mano ai talebani. Ad oggi 385.440 persone hanno firmato la petizione.  Petizione · Corridoi umanitari per le donne afghane · Change.org

Women for Women International è un’organizzazione umanitaria a supporto delle donne che sopravvivono alla guerra. Dal 1993 opera in Afghanistan, Bosnia ed Erzegovina, Repubblica Democratica del Congo, Iraq, Kosovo, Nigeria, Ruanda e Sud Sudan, offrendo alle donne un sostegno pratico per autodeterminarsi. Apprendono un'abilità lavorativa pratica, per esempio la sartoria, imparano a gestire l’attività, acquisiscono conoscenze sulla salute. In questo modo il progetto aiuta le donne a conoscere e difendere i propri diritti, a raggiungere l'autosufficienza economica nelle loro vite e per le loro famiglie.

Ecco come sostenere Women for Women International EMERGENCY: Support Afghanistan Women | Women for Women International

CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afgane -insieme a Osservatorio Afghanistan lavora a progetti di solidarietà a favore delle donne afghane sin dal 1999. Nasce dall’unione di più associazioni e realtà italiane che da anni lavorano sui temi dei diritti delle donne, contro i fondamentalismi e le guerre. Come opera? Nell’ambito della solidarietà sociale, della formazione, della promozione della cultura, della tutela dei diritti civili e dei diritti delle donne. Gran parte della sua attività si svolge a stretto contatto con diversi partner afghani, attraverso la condivisione di progetti concreti, lettura della realtà locale e internazionale, con uno scambio continuo di visioni ed esperienze.

Ha documentato la situazione con Finestre Afghane - Testimonianze dall'Afghanistan – e con interviste sul campo, articoli della stampa internazionale e rapporti redatti di fonti autorevoli, che continuano a tenere alta l'attenzione sulla situazione in Afghanistan. Tutto sul sito web CISDA - Home  

Chi volesse contribuire anche con una piccola cifra può farlo con un bonifico sul conto del CISDA, specificando nell’oggetto “DONAZIONE LIBERALE – EMERGENZA AFGHANISTAN”.

BANCA POPOLARE ETICA agenzia via Scarlatti 31 – Milano
Conto corrente n. 113666 – CIN U – ABI 5018 – CAB 1600
IBAN: IT74Y0501801600000011136660

CISDA da diverso tempo sostiene RAWA Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane, un gruppo autorganizzato che lavora in clandestinità a sostegno delle donne e contribuisce, vivendole “da dentro”, a dare una narrazione un po’ diversa delle donne, diversa da quella che domina in Occidente. Per approfondimenti questo articolo di Giulia Siviero per Il Post.

 È anche possibile sostenere organizzazioni più grandi come Emergency, Noi restiamo in Afghanistan | Sostieni EMERGENCY

Unicef Emergenza Afghanistan: fuga disperata per sopravvivere (unicef.it)

Medici Senza Frontiere Fai ora una donazione: privati e aziende | MSF Italia (medicisenzafrontiere.it)

Federica Carla Crovella

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