Aborto: due leggi che negano il diritto di scegliere


Sei settimane. Poco più di un mese. Una donna che magari non ha un ciclo mestruale regolare, alla sesta settimana non sa nemmeno di essere incinta; eppure, da qualche giorno in Texas è entrata in vigore la legge contro l’aborto oltre la sesta settimana. Perché? È intorno alla sesta settimana che si potrebbe percepire il battito cardiaco nel feto.

Io sono contro l’aborto? Francamente non lo so. Non me la sento di condannare a priori chi si trova in questa situazione. Ammetto che è una questione su cui faccio fatica a prendere una posizione netta, perché credo sia necessario trovarsi dentro la situazione per capire se portare avanti o meno una gravidanza, non in base a cosa è sentito come universalmente giusto, ma cosa è meglio per sé.

Ciò che mi lascia sconcertata, però, è che le persone pensino di potersi prendere un diritto che non hanno: decidere per qualcun altro secondo libero arbitrio, fino a fare una legge che non tiene minimamente conto di chi dovrà portare avanti la gravidanza, fisicamente ed emotivamente. Non solo si ignora la volontà di un’altra persona, ma si passa sopra anni di storia e lotte per i diritti delle donne, spazzati via come si spazza un po’ di polvere dal pavimento.

In Texas sarà ancora più complesso accedere alle cliniche – già poche, infatti sono solo 24 – che praticano l’aborto, perché la legge prevede che i medici che praticano le interruzioni di gravidanza oltre la sesta settimana possano essere denunciati da chiunque. Ma non è finita qui: questo non vale solo per il personale sanitario, ma per chiunque aiuti una donna ad accedere a questi centri. La pena: da un minimo di 10.000 dollari più spese legali.

 Quale modo peggiore per abbandonare ancora una volta la donna a se stessa? Per di più, facendo leva sui soldi per dissuadere chi anche solo pensi di poterla aiutare. Questo avrà due conseguenze prevedibili: da un lato la ricerca di altri luoghi in cui poter abortire, fuori dal Texas, e dall’altro l’aumento di aborti clandestini, come se anni e anni di ricerche mediche e scientifiche non siano neppure esistite.

C’è un altro punto, però, che mi lascia senza parole. La nuova legge sull’aborto è «la più restrittiva degli Stati Uniti», dice il New York Times. Perché? Non ci sono deroghe particolari, se non il caso estremo in cui la madre rischi la vita o danni irreparabili alla salute per portare avanti la gravidanza.  Stupri e incesti non sono contemplati: anche in quei casi la legge è valida. Sono convinta che la libertà decisionale delle donne non debba essere violata mai, ma sono altrettanto convinta che una disattenzione a cui segua una gravidanza indesiderata non possa essere messa sullo stesso piano di uno stupro o un incesto. In queste circostanze, la donna è vittima di un episodio drammatico che, non solo non ha voluto, ma lascia inevitabilmente dentro di lei dei segni indelebili. Tra questi, anche la gravidanza, che per nove mesi rimarcherà quotidianamente un episodio traumatico.

E i casi di malformazione del feto? Non compaiono tra quelli in cui è concesso l’aborto e, quel che è peggio, è che non sono nemmeno rilevabili alla sesta settimana di gestazione.



Dal Texas a San Marino…

Si parla molto del Texas in questi giorni, ma perché andare tanto lontano? A San Marino la legge che vieta l’aborto è in vigore dal 1865 e prevede fino a sei anni di carcere sia per la donna che interrompe la gravidanza sia per chi l’aiuta ad abortire. Probabilmente, poche persone erano a conoscenza di quanto fosse vicina a noi questa legge, ma la risonanza mediatica che il caso degli USA sta avendo in questi giorni ha dato nuova visibilità alla situazione di San Marino.

 Quali differenze dal “caso del Texas?”

La prima salta subito agli occhi ed è la punizione con il carcere, che non è prevista in Texas.

Poi, viene da chiedersi: ci sono mai stati cambiamenti in termini di legge sull’aborto a San Marino? Pare che la legge sia rimasta pressoché invariata da quel 1865. Era il 1978 quando in Italia è stata approvata la 194, ma lo stato di San Marino da questa legge non si è minimamente lasciato toccare.

Oggi, la legge è ancora in vigore e appare ancora più restrittiva di quella approvata in Texas: infatti, non è consentito in alcun caso, nemmeno quando la madre è in pericolo di vita. Anche in questo caso, neppure se il feto è frutto d’incesto o stupro o se le condizioni del feto sono a rischio.

C’è un’ultima differenza: se il Texas negli ultimi giorni ha optato per un brusco salto indietro nel tempo, San Marino ora guarda avanti. Dopo innumerevoli tentativi che non hanno mai portato a nulla, ad esempio richieste di pubblico interesse e disegni di legge di iniziativa popolare, ora si tenta la strada del Referendum, indetto dall’Unione donne sammarinesiPer legalizzare l’interruzione di gravidanza sono state raccolte 3.028 firme autenticate e 251 firme di residenti e sostenitori. La raccolta si è conclusa lo scorso 31 maggio e l’appuntamento con il passo decisivo per questo diritto fondamentale è per il 26 settembre prossimo.

 Perché questo ritardo? Oltre ai tentativi di proporre una legge che non è mai stata approvata, forse ci sono anche il tempo, la cultura e la tradizione religiosa. Pur essendo geograficamente parte dell’Italia e a lei molto vicina sul piano delle lotte per i diritti, da questo punto di vista San Marino nel tempo è rimasta indietro. Ad esempio, come dichiara su Internazionale Maria Lea Pedini, prima donna ad assumere la carica di Capitana Reggente nel 1981, «solo nel 1973 era stata emanata una legge permetteva alle donne di assumere cariche, impieghi e funzioni pubbliche». Anche l’influenza della chiesa probabilmente ha fatto la sua parte, con la maggioranza in parlamento del Partito Democratico Cristiano Sammarinese. Vanessa Muratori dell’Unione donne sammarinesi, sempre a Internazionale ha detto: «c’è una rappresentanza politica che non rispecchia la società civile, mentre elementi legati all’integralismo cattolico sono sovra-rappresentati dai mezzi di informazione», e ha raccontato, «un sacerdote ci ha paragonate ai nazisti della seconda guerra mondiale. Ma molte persone la pensano diversamente, specialmente tra i più giovani».

 C’è un aspetto che, dal mio punto di vista, accomuna San Marino al Texas e viceversa: entrambe le legislature non solo privano del diritto di scegliere, ma snaturano il significato e il valore della gravidanza, che sembra quasi una costrizione stabilita arbitrariamente e imposta dall’essere umano, dal suo egoismo e dalla sua mentalità, troppo spesso irrispettosa dei diritti delle donne, anacronistica e patriarcale.

 Federica Carla Crovella 

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