Femminili Singolari: un saggio dalla “doppia anima” , per creare un dibattito informato


foto di Federica Carla Crovella 

Ho comprato Femminili Singolari di Vera Gheno perché da mesi avevo voglia di leggerlo: non avrei potuto fare scelta migliore. Volevo approfondire una questione, tanto complessa quanto stimolante, su cui cerco di ragionare da un po’, soprattutto per capire come dare un contributo in prima persona. Il tema centrale è la declinazione al femminile dei sostantivi che indicano le professioni.

...state sbuffando alzando gli occhi al cielo per caso? Vi vedo eh, attenzione!

 Ho studiato linguistica all’Università e forse anche per questo ho apprezzato molto questo testo, ma la motivazione più profonda di questa scelta sta nel sottotitolo del libro:

 “Il femminismo è nelle parole”. Sono sempre più convinta che ci sia tanta urgenza di comunicare in modo costruttivo le questioni di genere, sul piano dei contenuti sì, ma anche del linguaggio inclusivo. Chi fa comunicazione ha una grande responsabilità quando si tratta di questi temi e io questa responsabilità vorrei provare a prendermela.

 Va bene, avete ragione, la smetto… ora parliamo del testo.

perché occuparsi di questa questione?

La risposta arriva dall’autrice:

«Succede che ciò che non viene nominato tende a essere meno visibile agli occhi delle persone. In questo senso, chiamare le donne che fanno un certo lavoro con un sostantivo femminile non è un semplice capriccio, ma il riconoscimento della loro esistenza […]. E pazienza se ad alcuni le parole ‘suonano male’: ci si può abituare. Pazienza anche se molti pensano siano solo sciocche velleità: le questioni linguistiche non sono mai velleitarie, perché attraverso la lingua esprimiamo il nostro pensiero […]».

Quindi? Ne deduciamo che non è un problema esclusivamente linguistico, ma una questione che affonda le proprie radici nella cultura. Questo è un dato di fatto e una verità che chi si mostra scettico si affretta a negare; per chi, invece, sente di dover fare qualcosa, può diventare una motivazione forte su cui costruire il proprio pensiero e le proprie argomentazioni.

Prima di continuare, credo sia fondamentale chiarire le motivazioni che hanno spinto l’autrice ad approfondire il tema: 

«contribuire a divulgare le informazioni corrette riguardo alla questione dei femminili, in modo che chi vuole o vorrebbe usarli sia informato a dovere e non si trovi a difendere castronerie […]. Ciò premesso, non voglio attaccare in alcun modo coloro (maschi e femmine) che invece preferiscono usare il maschile sovraesteso, o che magari si autodefiniscono avvocato o direttore pur essendo di sesso femminile […]».
Vera Gheno: sociolinguista e docente universitaria specializzata in comunicazione digitale, autrice e traduttrice 

Insomma, il suo sogno - e il suo scopo - è diffondere un’informazione corretta e un dibattito informato sulla questione, creando consapevolezza, anche se, su ammissione della stessa autrice, è un traguardo ancora lontano.


State pensando a un’analisi intrisa di tecnicismi e riflessioni linguistiche destinate solo da chi è linguista di professione? Sbagliato.

Cosa vuol dire saggio pop? 

Il testo, edito da effequ, fa parte della collana Saggi Pop. La casa editrice li definisce  saggi trasversali, ibridi, poco convenzionali ma autorevoli. Presentano la forma tipica del saggio e hanno un taglio chiaramente scientifico, ma il loro intento è divulgativo

In questo volume si uniscono la precisione e l’accuratezza dell’analisi scientifica all’immediatezza e all’accessibilità della comunicazione, oggi soprattutto digitale. Personalmente, credo sia proprio questo mix la carta vincente di questo libro, che credo rispecchi perfettamente la “doppia anima”, se così si può definire, dell’autrice: accademica e rigorosa, ma al contempo empatica e attenta a fare informazione e divulgazione nel modo più inclusivo possibile. 

Una scelta semplice, ma vincente

L'autrice accosta  analisi scientifica e social network, abbinamento per nulla scontato, ma coraggioso. Ne deriva un testo su cui informarsi e formarsi su un argomento non facile, ma anche un documento di attualità. 

Ciascuna argomentazione parte proprio dagli strumenti che oggi pervadono le nostre vite: le piattaforme social. Dopo una prima parte dedicata soprattutto a una caratteristica propria della linguistica, cioè il suo essere in movimento anche grazie ai/alle parlanti, si concentra sulle obiezioni che gli/le utenti dei social network muovono all’uso del femminile per i nomi professionali e le smonta ad una ad una. Per esempio? Si tratta di una novità e una forzatura della lingua italiana. Vera Gheno spiega che no, il femminile per i nomi professionali non è né nuovo né tantomeno dannoso, ma esiste già da tempo immemore ed è la manifestazione di una lingua che si muove insieme alla società. 

Lo so, è strano fare considerazioni linguistiche su un testo che tratta di linguistica, ma perchè no?

Non penso che tanti/e linguisti/e saprebbero rendere accessibile un argomento così spinoso. C’è un trucco? Non credo, ma secondo me la chiave di tutto è la “doppia anima” di cui sopra. La professionalità e la competenza tecnica si sentono forti e chiare nelle argomentazioni dell’autrice, in qualità di docente universitaria di linguistica, ma questo non fa del libro una complessa lezione accademica. Nonostante non manchino le considerazioni tecniche, unisce alla linguistica l'attualità, smorzando il discorso con momenti in cui il registro diventa più colloquiale e l'autrice strizza l’occhio a chi legge e crea empatia.  Ho apprezzato molto la lucida ironia con cui smonta le convinzioni linguistiche dei parlanti e sviluppa le sue argomentazioni; modalità piuttosto efficace. 

 Ok, la smetto con le parentesi dentro le parentesi...

Cosa si nota dai social? 

Una consapevolezza scarsa o addirittura assente sulla questione e la tendenza a opporsi ai femminili sulla base di abitudini, sensazioni, convinzioni spesso errate, che non si basano affatto su conoscenze tecniche. Poi, a volte invece, emerge "semplicemente" sessismo. Spesso il punto di vista di chi la linguistica la studia non viene davvero ascoltato, né rispettato, “perché tanto ci sono cose più importanti”. Eccola, una delle motivazioni più ricorrenti su cui si basa chi si oppone ai femminili.

Gheno riporta integralmente i commenti pubblicati sui social, comprensivi di errori di grammatica e battitura: altra scelta che coglie nel segno e trasmette in modo realistico la "competenza" di chi prende parola. È sconcertante notare come troppe obiezioni di costruttivo non abbiano proprio nulla. In tante persone non c’è disponibilità all’ascolto, nè attenzione ed empatia verso gli altri o voglia di mettersi in discussione e osservare le cose da un punto di vista diverso dal proprio.

Però, Vera Gheno offre un consiglio importante, di cui personalmente farò tesoro e voglio condividere, perché credo possa valere sempre quando interagiamo sul web, non solo parlando di femminili professionali:

«rispondendo con tranquillità e competenza, può essere che la persona che la pensa diversamente non cambi opinione – e non sia nemmeno disposta a informarsi meglio; dobbiamo, però, ricordarci che tutte le nostre interazioni sui social avvengono in pubblico , e quindi se anche una sola tra le persone che in silenzio assistono allo scambio […] clicca su un link o sente il dovere o la voglia di informarsi meglio, avremo raggiunto il nostro scopo. La migliore arma contro la supponenza è l’informazione corretta e verificabile, la quieta assertività […] non rispondiamo a tono a una provocazione o a un’offesa, ma rimaniamo sull’argomento, controbattendo con dati, informazioni, link, fonti attendibili, senza cadere nell’istinto omicida, se così vogliamo chiamarlo».

Da oggi, non solo userò meglio i femminili professionali, ma anche il modo di comunicare online.

Federica Carla Crovella



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