Perchè il femminismo serve anche agli uomini

Perchè il femminismo serve anche agli uomini

Un libro scritto da un uomo, dedicato agli uomini, che parla di femminismo. Lorenzo Gasparrini, filosofo e attivista anti-sessista, dedica il suo Perché il femminismo serve anche agli uomini «a tutti gli uomini che in questi anni di chiacchiere sparse un po’ dovunque mi hanno aiutato a capire molto meglio il nostro problema di genere».

Dal titolo e capiamo subito l’obiettivo di questo breve saggio, lungo non più di 58 pagine, ma denso di contenuti. Non è una domanda, ma un’affermazione assertiva; perché sì, nonostante si dica che tutto ciò che ha a che fare col femminismo è roba da donne, Gasparrini qui dimostra che non è così. L’obiettivo del filosofo è «mostrare le storture che il potere patriarcale crea anche nel genere maschile»; patriarcato che, precisa, non è agito solo dai maschi etero. Lui stesso spiega che vuole condividere «un’alternativa agli attuali rapporti tra i generi, che vengono sempre più strumentalizzati per inutili e dannose contrapposizioni».

Tra domande e risposte…

Una buona parte del testo, edito da Eris Edizioni, risponde a questa domanda: che cosa gli uomini dovrebbero imparare dalle pratiche femministe? Prima di tutto a concepire il proprio corpo come luogo politico, per comprendere i condizionamenti politici, economici e sociali che agiscono ancora oggi anche sul genere maschile. Poi le pratiche femministe, che permettono di combattere le costrizioni imposte dallo stesso genere. Quali sono queste pratiche femministe? La prima è riconoscere che dietro le esperienze dei singoli c’è un problema della comunità: in sostanza, che «il personale è politico». Il separatismo dal patriarcato, per confrontarsi non solo sul potere maschile, ma soprattutto su ciò che in esso non funziona, trovando così uno spazio in cui abbandonare il maschilismo, la virilità e il machismo tradizionali. Ancora, trasformare il linguaggio e con esso il pensiero, perché molto sessismo deriva proprio dal linguaggio che usiamo e cercare la parità, non l’uguaglianza, perché la prima rimuove ciò che ostacola, la seconda invece no. Infine, rifiutare il pensiero binario, dualista, etero-sessista, che alimenta e favorisce pratiche discriminatorie e, al contrario, abbracciare le pratiche non escludenti che permettono alle diverse forme di libertà di coesistere.

Il punto di vista di Gasparrini, così come la scrittura, è lucido e obiettivo, schietto nel mostrare che agli uomini mancano molte cose, che invece hanno le femministe. Prima di tutto le «motivazioni di impegnarsi in un reale cambiamento perché manca un ideale, un modello di riferimento, un’utopia che ne possa guidare le pratiche». Ammette che tutto ciò è nascosto agli uomini dalla cultura patriarcale, che racconta questi aspetti come specificatamente femministi e, quindi, secondo il pensiero dominante sono inaccessibili al genere maschile. Da parte sua, sostiene che in realtà non è così, vuole dimostralo e a mio parere ci riesce decisamente bene.


foto da www.erisedizioni.org

Secondo Gasparrini, l’uomo è dissociato da sé stesso, disabituato a mettersi in gioco anche con la sua parte emotiva e personale e incapace di ragionare in un’ottica di genere. Il femminismo, invece, fa l’una e l’altra cosa. Come può cambiare l’approccio maschile? L’autore risponde così. Il primo passo necessario è ripartire dall’espressione del desiderio, dell’emozione, abbandonando lo stereotipo dell’uomo che non deve chiedere mai. Il secondo passo è la ricerca del consenso da parte dell’altro/l’altra, senza dare mai nulla per scontato. Il terzo è la costruzione di rapporti sociali diversi, che non siano basati sul potere, ma sulla sincera affettività. Come? Con l’ironia, che è la «smentita continua dell’immagine di potere che la cultura patriarcale ci cuce addosso e che non vogliamo», dice l’autore.

Andando verso la fine del suo ragionamento, Gasparrini sottopone al suo pubblico alcune domande, in modo un po’ provocatorio ma molto efficace. Perché gli uomini dovrebbero iniziare a comportarsi così? Che cosa ci guadagnerebbero? E se «sono uno stronzo? Se a me il patriarcato piace e non ho nessuna intenzione di cambiare?». Le risposte le lascio al libro.

Conclude che, non sarà immediato liberarsi del maschilismo e del sessismo, come non sarà facile far vacillare e poi cadere «le richieste sociali di mascolinità che rientrino nei parametri di virilità tradizionale», ma è possibile, iniziando col riconoscere il condizionamento imposto dal patriarcato.

In chiusura del suo discorso Gasparrini vira su di sé e spiega come il suo percorso, come quello di chi si considera femminista, non ha una fine, non prevede un traguardo o una patente. Semplicemente, dice, «non si diventa nulla di diverso da un uomo, ma si cambia il modo di essere uomini». Ecco, che, forse, è proprio per questo che il femminismo non serve solo alle donne.

 Come lo legge una donna?

Con gratitudine, almeno, per me è stato così. La gratitudine di chi sente di aver trovato in un uomo un alleato, che racconta e condivide il femminismo – e già questo non è poco – ma soprattutto senza stereotipi e pregiudizi, con un’obiettività e un’intelligenza forse uniche.

Perché leggerlo? Prima di tutto perché è come fare una chiacchierata stimolante con l’altro, l’altro in quanto uomo. Poi, pagina dopo pagina per provare anche a capire quale possa essere il punto di vista di chi, da uomo, si approccia a questi temi. Infine, credo anche per imparare, perché sì, da Lorenzo Gasparrini si può imparare eccome. Si impara ad ascoltare, si impara a riflettere, si impara il femminismo.

Alcune considerazioni sullo stile

La scrittura segue un ritmo veloce, ma intenso. Propone contenuti non facili, che ha il merito di declinare in modo accessibile grazie a un linguaggio semplice, che rende tutto simile a una chiacchierata tra amici. È destinato a quei lettori interessati all’argomento, che abbiano voglia di ascoltare un punto di vista maschile diverso da quello abituale; non è un manuale di filosofia riservato agli addetti ai lavori. Nonostante in alcuni punti la sua anima di filosofo si senta e sia necessario fermarsi un po’ di più a riflettere, è ben lontano dal testo accademico. Non è il professore di filosofia che sale in cattedra, ma l’uomo, intellettuale, pensatore, scrittore, anche filosofo. È un’unica riflessione che si dispiega per tutto il testo, suddivisa in brevi capitoli numerati dall’uno al ventidue, forse con l’obiettivo di rendere più fluida la lettura e aiutare a concentrarsi via via su un argomento specifico, che compone poi la riflessione generale. 


Credo che sia l’approccio colloquiale, aperto al dialogo e determinato a suscitare delle domande in chi legge siano le carte vincenti, che fanno del libro di Gasparrini una lettura costruttiva e utile per avvicinarsi a un punto di vista femminista, anche per gli uomini che magari non avrebbero mai pensato di farlo.

Federica Carla Crovella 

                                                                                               

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