Consapevolezza attraverso le parole: lessico della violenza online



Qualche giorno fa ho scritto per News48.it un articolo sulla violenza online: racconta un progetto che cerca di dare un aiuto concreto alle vittime. È l’algoritmo di Twitter messo a punto da Arianna Muti nella sua tesi di laurea: è una possibile soluzione per prendere posizione contro la misoginia sul web, che ha dato un grande apporto alla ricerca scientifica e alla comunità. 

Ve lo siete perso? Eccolo: Violenza di genere online:un algoritmo per aiutare la comunità - News48.it

Prima, però, osserviamo più da vicino il problema della violenza online e le parole ad esso associate.

Spesso si sente parlare di revenge porn: la diffusione non consensuale di immagini o di video sessualmente espliciti, che anche in Italia è considerato reato ed è punito con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro. La polizia postale consiglia di "non avere timore e segnalare immediatamente la persona che minaccia sia il materiale postato senza il vostro consenso".

Esistono altre forme di violenza virtuale che stanno dilagando, contro cui servono armi di difesa.

Partire dalle parole

I termini sono il primo passo per imparare a riconoscere le cose ed è così anche per le forme di violenza. Riconoscere vuol dire avere degli strumenti per difendersi e difendere. Perché, come ha dimostrato Arianna Muti, prendere posizione attivamente è possibile, ma non senza consapevolezza.

Cyberstalking: è la versione digitale dello stalking, che perseguita attraverso continui messaggi o e-mail, con accesso a chat anche tramite falsi nomi e intrusione in sistemi informatici altrui. Si manifesta con commenti offensivi, che possono declinarsi anche in false accuse, diffamazione, calunnia. Per essere considerata tale, «la condotta stalkizzante deve essere ripetuta e tale da ingenerare ansia e paura nella vittima o da indurla a modificare le proprie abitudini di vita», scrive Studio Cataldi.

Ecco i consigli della Polizia Postale e delle Comunicazioni per proteggersi da questo genere di violenza:

  • Quando apri un profilo sui social network limita al minimo le informazioni visibili a tutti che ti riguardano: non pubblicare il tuo indirizzo, il tuo luogo di lavoro, i luoghi di svago solitamente frequentati.
  • Imposta le regole di tutela della tua privacy sui social network consentendo solo a persone da te autorizzate l’accesso ai contenuti della tua bacheca, alle immagini e ai video caricati sulla tua pagina.
  •  Se concedi la possibilità a sconosciuti di accedere alla tua casella di posta, al tuo blog, al tuo profilo di un social network segnala immediatamente agli amministratori dei vari servizi web eventuali comportamenti indesiderati;
  • Dietro allo schermo di un computer si nascondono insidie anche molto diverse: le parole scritte, gli emoticons, le immagini che ricevi da uno sconosciuto possono far nascere in te sentimenti reali verso persone che non esistono.
  • Se la tua relazione d’amore o amicizia virtuale ti fa sentire a disagio parlane con qualcuno di cui ti fidi: ricorda che un amore o un’amicizia autentica non generano, di solito, sensazioni così negative.
  • Considera un gioco le relazioni sentimentali che nascono su internet: un incontro  reale con qualcuno conosciuto nel mondo del virtuale ti espone sempre al rischio di trovare una persona molto diversa da quella che pensavi, magari anche pericolosa.
  • Non rispondere mai a messaggi provocatori, offensivi e minacciosi pubblicati sugli spazi web personali: le tue risposte possono alimentare l’ossessione del potenziale stalker. Annota i tempi e i luoghi virtuali degli atti persecutori, i contenuti dei messaggi minatori e recati in un ufficio di Polizia Postale e delle Comunicazioni per effettuare una denuncia.
  •   Se le attenzioni virtuali di una persona conosciuta sul web si fanno ripetitive, minacciose, ingiuriose, o comportano la rivelazione pubblica di immagini e contenuti personali forse sei vittima di cyberstalking: segnala i comportamenti, la tempistica dei contatti, i contenuti diffusi senza il tuo consenso al sito www.commissariatodips.it in modo che esperti della materia possano aiutarti a capire cosa fare.
  •  Se sei oggetto di minacce, ingiurie e molestie sui tuoi spazi web sei vittima di un reato denunciabile in qualsiasi ufficio della Polizia delle Comunicazioni. 
  • Se hai deciso di incontrare una persona conosciuta su internet dagli un appuntamento in un luogo frequentato, in orario diurno e, se possibile, in compagnia di altre persone.
  • Se lo stalker è una persona che conosci, con cui hai condiviso una parte del tuo passato o con cui condividi ancora una parte importante del tuo presente, ricorda che nessuno può mettere in discussione la tua dignità e il tuo diritto a condurre in libertà la tua vita. Recati in un ufficio di Polizia e, in modo sincero, riferisci cosa ti accade e valuta con l’operatore di Polizia se è necessario sporgere una denuncia.

Doxing: consiste nel cercare e pubblicare informazioni personali e private online, senza il consenso della vittima. Si tratta soprattutto di dati sensibili come nome e cognome, indirizzo, numero di telefono, numero della carta di credito o altro. “Dox” è abbreviazione della parola inglese “docs”, cioè “documenti”. Il termine nasce dall’espressione “droppin dox”, letteralmente lancio di documenti. Spesso si tratta di informazioni ricavate attraverso motori di ricerca o pagine social, ma spesso anche illegalmente tramite hackeraggio.

Una buona pratica per arginare questo tipo di problema è evitare di diffondere e pubblicare sui social e su internet troppi dati personali, che permettano di violare facilmente la privacy e, al contempo, bisogna avere sempre chiaro quale sia il confine tra pubblico e privato. Qualora sia abbia il sospetto di essere vittime di questo fenomeno, rivolgersi alle autorità.

Bullismo a sfondo sessuale: chi lo pratica tiene comportamenti intimidatori, umilia e sminuisce con vessazioni che colpiscono la sfera sessuale. Può manifestarsi in diversi modi: non necessariamente con atti fisici, ma tramite il web anche con molestie verbali o inflitte mediante l’uso di tecnologie (video, audio ecc.). Anche in questo caso, come in qualsiasi episodio di violenza, la soluzione migliore è rivolgers alle autorità competenti. 

Digital Voyeurism: il Voyerismo è la perversione per cui si gode spiando gli atti sessuali altrui, che oggi approda anche online. Si manifesta nella tendenza a guardare immagini e filmati a contenuto sessuale, cercati all’interno di siti dedicati o, nel peggiore dei casi, pubblicati da terze persone, spesso senza il consenso degli/delle interessati/e. A questo scopo, talvolta si fa uso di insidiose tecnologie come “wireless spy cameras” nascoste.

Cyber Flashing: consiste nell’invio, di solito in forma anonima, di immagini con contenuti espliciti e offensivi tramite l’opzione di AirDrop negli iPhone e attraverso il Bluetooth negli altri smartphone. Può trattarsi di immagini del mittente o di immagini provenienti dal web. Come difendersi? Nel caso degli iPhone è possibile disattivare AirDrop sulle impostazioni Generali. In linea di massima, a prescindere dalla tipologia di telefono, è consigliabile fare gli aggiornamenti ogniqualvolta sia possibile e non accettare file provenienti da ignoti.

Questi sono fenomeni che, potenzialmente, possono toccare chiunque, a prescindere dal genere. Stando ai dati, però, sono soprattutto le donne che subiscono violenza online. 

Ci sono tipi di violenza che, invece, che generalmente vanno esclusivamente a discapito del genere femminile. 

Alcune di queste forme di violenza si sono verificate anche di recente. L’ultimo in ordine di tempo è stato quello ai danni di Ema Stokholma, la deejay e speaker radiofonica che durante le prove di una performance a Torino è stata vittima di upskirt, uno dei tanti volti del voyerismo. Ema Stokholma si è ritrovata sul palco uno smartphone con la telecamera indirizzata verso di sé, esattamente in corrispondenza delle sue parti intime, con l’obiettivo di riprenderla sotto il vestito.  Si chiama down blouses la stessa tipologia di violenza, indirizzata dentro la scollatura.

Nel Regno Unito è in vigore dal 2019 una legge che prevede fino a due anni di carcere per chi scatta fotografie o fa riprese a tale scopo. In Germania tali comportamenti sono punibili con sanzioni pecuniarie o reclusione dal 3 luglio 2020, in Francia dal 2018. In Italia non esiste una legge specifica contro questa pratica, ma sarebbe opportuno muoversi in questa direzione. 

Deepfake: consiste nel rielaborare immagini corporee e facciali prese dal web e adattarle a un contesto diverso da quello originario. Talvolta diventa una forma di violenza online che fa uso soprattutto delle immagini: viene incollato il volto di una donna sul corpo di una porno-attrice, con lo scopo di offenderla. 

Spesso possono essere usati come armi di vendetta. Come riconoscere un deepfake? Studio Cataldi ha dato delle direttive: "l'immagine può appare pixellata (cioè un pò "sgranata" o sfocata); gli occhi delle persone possono muoversi a volte in modo innaturale; la bocca può apparire deformata o troppo grande mentre la persona dice alcune cose; la luce e le ombre sul viso possono apparire anormali". In caso di dubbio, è opportuno non condividere video o immagini, ma segnalarle immediatamente. 

Uno studio di New York ha usato l' algoritmo per riconoscere i deepfake. Tramite esso si possono osservare i pixel in alcuni fotogrammi specifici. L'algoritmo rileva alcune distorsioni dell'immagine e smaschera il video contraffatto. Inoltre, inserendo sullo sfondo dei pixel di disturbo che ingannano gli algoritmi usati per servirsi del viso da copiare in un video deepfake.

Slut shaming: secondo il Cambridge Dictionary è l’atto di parlare della condotta sessuale di una donna al fine di ridicolizzarla e sminuirla. Si verifica talvolta davanti a comportamenti o desideri sessuali che non assecondano le aspettative di genere tradizionali.  

Federica Carla Crovella
 

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