Autrici e canone letterario: c’è ancora lavoro da fare

autrici e canone letterario
foto da enciclopedia delle donne

Avete ancora il vostro libro di letteratura della scuola? Se sì, apritelo. Probabilmente troverete un capitolo intitolato “Le scrittrici”. Non c’è? Allora scorrete l’indice e troverete alcuni dei nomi più noti di autrici, su tutti quello di Elsa Morante, in mezzo alla grande quantità di autori. 

Solitamente, queste sono le due alternative adottate nei libri scolastici per parlare anche delle autrici, o almeno di un “piccolo manipolo” di scrittrici del NovecentoCome? Trattando la poetica di queste scrittrici proprio come si tratta quella degli scrittori, anche se il numero degli uomini è sempre nettamente superiore.

Pare quasi un atto dovuto dedicare spazio nei manuali alle “penne femminili” della letteratura, che, mal comune mezzo gaudio, sono poche sia in quelli di letteratura italiana sia in quelli dedicati alle letterature straniere. Spesso questa operazione viene fatta in maniera quasi “meccanica”, senza proporre agli studenti una vera riflessione su come una scrittrice rispetto a uno scrittore possa stare allo stesso modo dentro il canone letterario; la logica che si segue sembra quella del rispetto obbligatorio delle "quote rosa" e non, come invece sarebbe auspicabile, quella di riconoscere e dare autorevolezza letteraria alle opere e alle scrittrici. Inoltre, la soluzione del capitolo dedicato rischia di relegare le donne in una “sottocategoria”, che diventa quasi una sorta di categoria protetta, ma, a ben vedere, può anche trasformarsi in uno strumento “ghettizzante”, che le isola dal resto della produzione letteraria.



A onor del vero, bisogna dire che, fortunatamente, non è sempre così e ci sono insegnanti, non solo donne, che cercano di dedicare la giusta attenzione alle scrittrici, talvolta anche con approfondimenti, senza limitarsi alle poche pagine proposte dai libri. Che bello sarebbe, se diventasse una pratica comune.

Proviamo a dare una spiegazione…

Che cosa si intende per "canone letterario?" È quel “catalogo” di opere che hanno fatto la storia e dovrebbero diventare quasi obbligatoriamente parte integrante del nostro patrimonio culturale. Questo sapere viene trasmesso soprattutto dai manuali scolastici e lo spazio esiguo dedicato alle scrittrici, rispetto a quello decisamente superiore riservato agli scrittori, trasmette ben poca attendibilità.

Che dire, poi, del valore formativo nullo? Si trasmette alle generazioni future l’idea che le autrici non siano quasi esistite e che la letteratura degna di nota sia composta prevalentemente da uomini, salvo quelle poche scrittici “vive” nei libri, mentre la realtà è ben diversa. Questo non stimola in ragazze e ragazzi la curiosità di approfondire, scoprire nomi nuovi, fare anche letture che portino firme femminili e, se non lo faranno da soli/e, da grandi, potrebbero non scoprire mai che grande valore hanno portato al nostro patrimonio culturale.

Il motivo? La risposta più immediata e più diffusa potrebbe essere la mancanza di tempo. Indubbiamente è grande la quantità di argomenti da trattare, ma perché non sacrificare qualche “autore minore” e sostituirlo con più autrici? Perché non scegliere anche una donna – o più- come rappresentante di una certa corrente letteraria accanto agli autori? Magari provando a instaurare qualche parallelismo utile alla comprensione del contesto?

Probabilmente, c’è un perché più profondo e nascosto, che difficilmente si ammette: il pregiudizio maschilista misto alla concezione dominante ancora insiti nella nostra società, secondo cui le donne non hanno scritto opere grandi come quelle dei loro colleghi, ma “libricini da leggere in spiaggia sotto l’ombrellone”, che veicolano solo messaggi da donne e per le donne.

È un dato errato, che nasce da un pregiudizio e da una logica patriarcale; infatti, dal 1900 sono aumentate in modo esponenziale le opere delle scrittrici, andando di pari passo con l’evoluzione socio-culturale della donna in tanti ambiti; per di più si tratta di opere che spesso hanno visto tante riedizioni e hanno riscosso un certo consenso di pubblico, anche maschile.  Dunque, le autrici hanno dimostrato di poter entrare nel sistema letterario e contribuire ad arricchirlo, esattamente come gli uomini e ancora di più lo fanno oggi. Forse, però, l’errore sta proprio qui: perché le donne devono sempre e comunque dimostrare di essere all’altezza?

Un' altra risposta potrebbe essere che “si è sempre fatto così”. Ed ecco che, se ci adagiamo, cambiare la narrazione diventa sempre più difficile. Sarebbe anche ora di superare metodologie didattiche vecchie, che partono dai programmi ministeriali dietro cui è facile nascondersi e dall’editing dei testi didattici e arrivano nelle aule. Spingono a trattare più autori che autrici, forse perché ancora considerati degni di più considerazione. Dicono l’esatto contrario i riconoscimenti raggiunti proprio da scrittrici donne; per esempio il premio Nobel vinto da Grazia Deledda nel 1926, ma anche da Alice Munro nel 2014, Svetlana Alksievic l’anno successivo e Olga Tokarczuck che ha vinto quello del 2018.


foto da Olga Tokarczuk, premio Nobel 2018 - Il salotto - Bompiani

Senza dover per forza guardare al Nobel, quante autrici di valore hanno arricchito e arricchiscono il nostro bagaglio culturale e la nostra visione del mondo?

Nonostante i traguardi raggiunti con difficoltà, ancora oggi approfondire e “rileggere” le scrittrici per evitare che restino nel dimenticatoio non è un’operazione normalmente adottata nella didattica, ma resta a discrezione dei/delle docenti. Si potrebbe dare un piccolo aiuto con più formazione e sensibilizzazione su questi temi anche per chi sta dietro la cattedra.

Questa lacuna non si riversa solo sul valore che viene dato alle donne, ma inevitabilmente su un intero sistema culturale, perché manca l’intreccio di più punti di vista diversi, femminili e maschili, che porterebbero tanta ricchezza. Forse, una difficoltà è proprio riuscire a vedere la ricchezza che sta dentro “l’altra”, ma se c’è la volontà si può fare.

Federica Carla Crovella

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