Laura Lepetit si racconta nella sua «Autobiografia di una femminista distratta»






Spesso delle donne si dice che sono distratte. Ma lo sono anche le femministe? Risponde Laura Lepetit, che si è raccontata nel suo Autobiografia di una femminista distratta, pubblicato da Nottetempo nel 2016.

La prima cosa per cui viene ricordata non è la sua sbadataggine, ma la sua Casa Editrice, che prende vita nel 1975La Tartaruga pubblica esclusivamente scritti di donne e conserva un patrimonio prezioso: raccoglie romanzi, scritti autobiografici e saggi, ma perché questo nome? Qui arriva l'autobiografismo di Laura Lepetit, che si è sempre riconosciuta, scrive, in tutto e per tutto in questo animaletto simpatico, che va piano e si porta la casa appresso.


Se la sua casa editrice ha avuto un’impronta prettamente femminista, non si può dire lo stesso per il libro in cui racconta la sua vita, mescolando alla sua storia di intellettuale le più comuni azioni di tutti i giorni. Di certo non poteva mancare femminismo, che però sceglie di raccontare in pillole, restituendo comunque uno squarcio esaustivo sul contesto socio-culturale in cui vive e lavora. Pagina dopo pagina ci si affeziona al suo stare un po' “con la testa tra le nuvole”, come  diremmo oggi, ma anche ai ritratti degli amici e delle amiche e anche delle autrici che hanno scandito la nascita e la crescita della casa editrice. Sullo sfondo c’è Milano. Proprio questo modo di raccontare e raccontarsi tiene incollati a questo libricino, piccolo ma prezioso. 

Tra storia editoriale e personale

Scorrono sotto gli occhi di chi legge le sue battaglie femministe, i titoli dei libri che pubblica, gli incontri con grandi nomi della letteratura, ma anche le cose semplici, che caratterizzano la vita di ogni persona, come un «cartoccio di pesce» o un «lavandino di piatti sporchi». Del resto, come dice lei stessa, «il lavoro, se è tutto intellettuale, annoia e consuma».

Spesso accompagna lettrici e lettori nei passaggi dalla sua storia professionale a quella personale, altre volte, invece, senza preavviso lascia che oscillino e magari cadano da una parte all’altra. Forse la scelta di mescolare privato e professionale è dettata dal fatto che diventare una “signora dell’editoria” non è stato il suo l’obiettivo principale, bensì una grande avventura, dentro cui è finita un po’ per caso, avventura che poi si è trasformata in una “missione”. Probabilmente nemmeno lei si sarebbe mai aspettata di riuscire a fondare una casa editrice che nel tempo avrebbe avuto un ruolo fondamentale nella formazione di tante altre donne. 

Altrettanto casuale, racconta, sono stati il suo ingresso nel Circolo Culturale delle Donne Cicip & Ciciap e l’incontro con Carla Lonzi, femminista teorica dell’autocoscienza fondatrice del gruppo Rivolta Femminile.

Laura Lepetit si guarda indietro, ma osserva anche il suo presente, la sua vecchiaia. È lei, la vecchiaia, l’altra protagonista di questa autobiografia.  Una protagonista sofferta e accettata. Diventa «una stagione nuova, quasi regalata», ma anche un «tempo breve» caratterizzato dall’incertezza. Però, dice, finalmente adesso ha l’occasione di imparare a cucinare!  Inutile dire che il primo amore di Laura Lepetit siano i libri, ma subito dopo è evidente che ci siano i gatti e i cavalli. Ecco spiegata anche la copertina del libro. 

L'autrice dedica pensieri e parole alle donne della sua generazione, ma anche alle ragazze più giovani, che vede «pericolanti», perché si credono del tutto emancipate, ma devono fare attenzione, perché «le lotte e le conquiste non sono finite».

foto di Laura Lepetit da  enciclopedia delle donne

Perché femminista distratta?

Lei stessa ha detto di definirsi per come la vedono gli altri, con la testa tra le nuvole, che guarda in aria, poi si ferma ad osservare un gatto, si attarda in qualche faccenda domestica e parla con un’amica; tutto questo mentre non smette di lottare per i diritti delle donne. Ma ha anche assicurato di sapere esattamente dove vuole arrivare nella sua difesa del femminile, poco importa che sia un cammino che procede lentamente, come quello della tartaruga. È femminista sì, ma non risparmia mai rimproveri al genere femminile, quando è necessario. Ha detto che non esclude di stufarsi di pubblicare solo scritti di donne. Forse anche per questo è una “femminista distratta”?

Federica Carla Crovella

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