«Signora o Signorina?», «Niente, grazie».
Quando noi donne ci sentiamo dire “Buongiorno Signora” o “Buongiorno Signorina”, pensiamo subito al fattore età. Ci indispettiamo se a vent’anni ci chiamano Signora, ma non è questo che dovrebbe darci fastidio; a dirla tutta, nemmeno sentirsi appellare “signorina” è gratificante, anche se sembra così.
Perché?
Risponde la linguistica.
L’uso
dell’appellativo signora o signorina per le donne è asimmetrico
rispetto agli uomini, soprattutto in ambito lavorativo, dato che al collega
maschio è parallelamente riservato il titolo di “Dottore”. Spesso signore si
omette, a volte si usa con il nome della persona o con il cognome, ma sempre
più raramente.
In qualche
raro caso, ci si ricorda che, a parità di preparazione, anche le donne sono “Dottoresse”,
ma molto spesso è un piccolo dettaglio che finisce nel dimenticatoio, o peggio,
il titolo viene usato in tono sarcastico. Statisticamente, è molto raro
che l’uomo venga chiamato signore; mai viene chiamato “signorino”, se non
scherzosamente in un contesto giocoso.
Quando per
la donna si usano questi termini, nemmeno tanto implicitamente viene
dichiarata per il proprio stato civile, oppure si sceglie uno dei due
appellativi in base all’età di chi abbiamo davanti. Quel che è peggio è
che, molto spesso, non sapendo se la persona sia sposata o meno e non
conoscendo la sua età, si chiede addirittura “signora o signorina?”. Perché,
invece, non usare il cognome, esattamente come si fa con gli uomini?
Da dove
arriva questo termine? Lo spiega il linguista Paolo D’Achille: «signorina è
documentato in italiano a partire dal Cinquecento (il primo esempio finora
reperito risale al 1533). La parola potrebbe essere stata formata a partire dal
maschile signorino, documentato dal 1501; oppure sul modello dello
spagnolo señorita, che pare cronologicamente anteriore; o ancora
come diminutivo di signora, attestato già in italiano antico, se
pure nel significato di ‘padrona’ e per di più non riferito a donne ma a entità
astratte o spirituali. In italiano antico, in effetti, come allocutivi si
usavano madonna e messere e non signora e signore,
che iniziarono a diffondersi nel Rinascimento, per influsso dello spagnolo. Per
molto tempo signorina risulta riferito o indirizzato a giovani
nobildonne, a prescindere dal fatto che fossero sposate o meno».
L’uso
moderno
D’Achille
spiega che i termini signore o signora sono diventati «appellativi, per
indicare persone presenti o di cui si sta parlando, sia come allocutivi, per
rivolgersi a qualcuno». In entrambi i casi ha assunto valore di forme di
riguardo, sia al maschile sia al femminile, rispetto all’uso di uomo o donna.
Negli
ultimi anni, però, le cose sono cambiate e anche la lingua, che è in
continuo movimento. Spesso si abusa del termine signora, usato in tanti
contesti, a volte anche in modo inappropriato; così, perde il valore positivo
che aveva in passato. A volte si pensa ancora di usarlo per non fare un torto
alla donna, ma questo valore si sta perdendo sempre di più. In molti contesti
basterebbe riservare alla donna lo stesso trattamento che si usa per l’uomo, né
più né meno.
Ci sono
casi in cui viene usato per adottare una parola a cui la società riconosce
una connotazione positiva, ad esempio ‘signora delle pulizie’, per non
apparire offensivi. Questa accortezza linguistica ha senso solo se procede di
pari passo con la mentalità e la sensibilità.
L’uso di
signora e signorina per una donna oggi è asimmetrico non solo perché si usa di
più del maschile signore, che sta praticamente sparendo, ma anche perché ha una
connotazione neutrale; anzi, a volte non ci sia accorge di usarlo nel
senza attenzione né riguardo, ma soprattutto senza consapevolezza. Infatti, sta
diventando un intercalare, che viene usato comunemente per ottenere
l’attenzione della donna che abbiamo di fronte. Quante volte ci sentiamo dire:
“Scusi, Signora” quando magari siamo concentrate su qualcosa che non è
l’interlocutore? Per non parlare, come già accennavo, alle volte in cui si usa
in modo dispregiativo o ironico.
Foto da "Lettere" - 7 e mezzo- Corriere della Sera, 30 aprile 2021 |
Questione grammaticale o politica?
In questo
caso non serve nemmeno porsi la domanda. L’uso del politicamente corretto sta
mettendo le radici nella nostra cultura e anche nella nostra lingua, tanto che
l’italiano cerca di cambiare continuamente termini che denotano categorie
svantaggiate, ma a volte senza farlo veramente, perché gli ideali di base
restano discriminatori. A prescindere da questa questione, la lingua non è
statica, ma dovremmo sforzarci di cambiarla sempre in modo costruttivo e nel
rispetto delle persone.
La
questione è più che mai attuale, perché proprio nei giorni scorsi l’Ospedale
San Giovanni di Dio di Frattamaggiore ha lanciato un messaggio a dir poco
chiaro. Alle pareti è stato appeso un cartello diretto e sintetico: "In
questi ambulatori non esistono signorine". Firmato: le dottoresse.
Si chiama
Maria Ilaria Di Laora la Dottoressa che ha detto basta e ha avuto l’idea,
appoggiata da colleghe e colleghi. Supportata a tal punto che da questo gesto si
auspica di fare lo stesso in altre sedi ospedaliere e avviare una battaglia per
la parità di genere che avrà l’hashtag #nonsiamosignorine.
Foto da La Repubblica |
Federica
Carla Crovella
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