Period Poverty e Tampon Tax: facciamo il punto


Oggi è il 28 maggio e come ogni anno si celebra la Giornata Internazionale dell'Igiene Mestruale. 

La maggior parte di noi dà per scontato i prodotti e i servizi che garantiscono un'igiene adeguata durante il ciclo mestruale; infatti, ogni mese abbiamo la possibilità di mettere nel carrello della spesa ciò che serve nei giorni della mestruazione. Questo gesto, così apparentemente normale, non tiene conto di un problema che prende il nome di period poverty, letteralmente povertà mestruale e riguarda non poche persone. È la difficoltà di garantirsi prodotti, spazi e servizi che permettano di mantenere un' igiene adeguata e sicura. 

Da un’indagine dell’Unicef emerge che a livello globale 2,3 miliardi di persone non hanno accesso a servizi igienico-sanitari di base: ecco che, per le donne, la gestione del ciclo può diventare un enorme problema e anche un grande rischio per la salute fisica e in generale il benessere. Quale sarà la scelta obbligata di molte donne? Acquistare prodotti meno costosi e di qualità più bassa, mettendo così a rischio la salute. Inoltre, sempre secondo Unicef, nel mondo una scuola su tre non ha servizi igienici adeguati e sicuri e questo impedisce alle donne di gestire le mestruazioni in modo agevole.

A gravare ulteriormente su queste situazioni di difficoltà, ma in generale su ogni donna, c’è anche la tassa sugli assorbenti, che già di per sé è una vera e propria discriminazione di genere, e può diventare anche un grosso peso economico. 

Perché le donne devono far fronte ad una spesa per qualcosa di fisiologico e naturale, che non hanno scelto e non dipende da loro? Il ciclo mestruale è insito nel loro DNA esattamente come il colore dei capelli. Tuttavia, c’è una sostanziale differenza: spendere soldi in prodotti per la colorazione dei capelli, magari da utilizzare a casa, è una scelta opzionale, dettata da un desiderio personale. C’è chi decide di far fronte anche a questa spesa e chi no. Invece, le mestruazioni non sono facoltative, mai, per nessuna donna.

Secondo i calcoli, una donna nel corso della vita avrà bisogno, in media, di 12mila assorbenti: solo in Italia ogni anno se ne vendono circa 2.6 miliardi, infatti, nella lista della spesa di chi ha le mestruazioni ci sarà ogni mese almeno una confezione di assorbenti. Questo significa un guadagno assicurato sulla fisicità delle donne.



Che cosa è stato fatto e quanto c'è da fare?

La proposta di eliminare l’Iva sugli assorbenti circola da molto. Nel 2006 in molti paesi dell’Unione Europea c’è stato un abbassamento dell’Iva sui prodotti per l’igiene mestruale: in Spagna è stata abbassata al 10%, in Belgio al 6%, in Francia al 5,5%, in Lussemburgo al 3%. La Scozia nel novembre scorso è diventata la prima nazione nel mondo che ha deciso di fornire gratuitamente alle studentesse i prodotti per l’igiene mestruale. Canada e Irlanda l’hanno abolita del tutto. Invece, in Italia li assorbenti, seppur indispensabili, non sono considerati beni di prima necessità. Ecco qualche dato che lo conferma.

 La proposta di ridurre l’Iva era già stata presentata nel 2016, ma si sono susseguiti diversi tentativi fallimentari. Nel 2019 è arriva l’illusione di avercela fatta, infatti, la tassa sugli assorbenti compostabili è scesa al 5%, ma solo su quelli. I prodotti tradizionali sono ancora tassati al 22%, dunque messi sullo stesso piano dei beni di lusso. C’è qualcosa che stona parecchio in tutto questo: infatti, per quanto si stia cercando di sensibilizzare le persone all’acquisto di prodotti biodegradabili, gli assorbenti compostabili restano più costosi degli altri e, mediamente, non sono quelli più venduti e non sono accessibili a tutte le donne. Non possiamo definirlo un passo in avanti, ma una discriminazione bella e buona, non solo di genere, ma in questo caso anche economica, oltre che un'operazione puramente commerciale. 

 Nel nostro Paese ci sono anche esempi di città che hanno scelto scontare assorbenti e altri prodotti per l’igiene mestruale del 22%, quindi, di fatto abolire l’Iva, per 1 anno. In prima linea c’è la Toscana, con Firenze, dove le 21 farmacie non applicano tassazione, grazie a una delibera comunale. Poi seguono San Miniato, Fucecchio, Castelfranco di Sotto, Montopoli in Val D'Arno e Santa Croce sull'Arno. Ma ci sono anche Sassuolo e Carpi in Emilia Romagna. Anche altri comuni hanno avanzato proposte in questa direzione. Un atto simbolico, che, però, vorrebbe (e dovrebbe) diventare concretezza.

Nello scorso marzo, nei punti vendita Coop è stata rilanciata la sottoscrizione di Onde rosa, sottoscritta da 600mila persone, "Stop tampon tax, il ciclo non è un lusso" per chiedere l’abolizione dell’Iva. Iniziativa indubbiamente lodevole. Gli stessi supermercati hanno anche ridotto simbolicamente l'Iva al 4%, dal 6 al 13 marzo, ovvero nella settimana della “Festa della Donna”. Ma sorge una domanda: perché restiamo sempre e solo sul piano simbolico? E perché solo per la “Festa della Donna”? Operazione anche di marketing?

Di fatto, oggi  in Italia assorbenti, tamponi, coppette e altri prodotti per l’igiene mestruale restano una spesa indispensabile per le donne e un’entrata economica sicura e quindi altrettanto “indispensabile” – per lo Stato.


Federica Carla Crovella

 

Commenti

Post popolari in questo blog

ddl del Governo contro la violenza sulle donne: dove ci porterà? Il parere legale

La violenza ostetrica esiste: dati e indicazioni per riconoscerla

Dove non mi hai portata: un libro-inchiesta in cui una figlia "dà alla luce" la propria madre