L’aiuto si deve chiedere? Rispondono Ikea e Emma Clit

 


«Non aiutarla a stirare. Perché quando dici “posso aiutare?” stai dando per scontato che sia responsabilità della donna»; «Non aiutarla a lavare i piatti. Perché quando dici “posso aiutare?” stai dando per scontato che sia responsabilità della donna»; «Non aiutarla a pulire. Perché quando dici “posso aiutare?” stai dando per scontato che sia responsabilità della donna» … e via dicendo. Recitava così l’ultima campagna di Ikea, sbarcata sui social pochi mesi fa. L’idea alla base è che, chiedendo di dare un aiuto, l’uomo veda nei lavori domestici qualcosa che non è di sua competenza. A lui, forse, a volte, spetta un aiuto marginale, che addirittura deve essergli accordato dalla donna, cioè da colei che è chiamata a fare tutto in casa.

Dal profilo Instagram di @ikeaitalia 


Questa campagna mi ha fatto subito pensare a un libro, uscito nel febbraio dell’anno scorso, che torna sull’idea di dover chiedere. Con una sottile provocazione, la fumettista Emma Clit ha intitolato il suo lavoro Bastava Chiedere.

L’autrice passa in rassegna tante situazioni che le donne affrontano quotidianamente, spesso senza alcun aiuto. A meno che, certo, non lo so chieda. Non è un saggio e neppure un romanzo, ma la scelta ricade sull’immediatezza, l’accessibilità e la leggerezza del fumetto. Perché questa scelta? L’obiettivo è raggiungere più persone possibili, senza distinzione di genere. Bisogna dire che la semplicità delle vignette, la freschezza e l’incisività dei disegni e il linguaggio colloquiale sono una scelta piuttosto azzeccata, con cui il libro riesce a veicolare concetti carichi di valore.

Il carico mentale delle donne è il filo conduttore. A volte sulle loro spalle finiscano tante, troppe, se non tutte le responsabilità, sia nella gestione della casa e dei figli sia nella coppia. Ecco che cosa s’intende per carico mentale. Devono prima pianificare e poi fare e se per caso lamentano l’assenza di aiuto, spesso si sentono dire “bastava chiedere”. Ma davvero si deve chiedere? E soprattutto, perché? Sono le domande attorno a cui si muove il libro di Emma Clit.

La causa è un retaggio culturale che ci portiamo dietro da secoli: quello che difende la tradizione e la mentalità che non riescono a lasciar andare il patriarcato su cui si basa la nostra società. Ce ne libereremo mai? No, almeno fino a quando non si riuscirà a cambiare prospettiva. L’idea distorta è che tutto ciò che gira attorno al lavoro di cura sia tipicamente femminile e di conseguenza compito della donna.  Quale donna, quando ripensa ai giochi della propria infanzia, non ritrova la mini cucina o l’asse da stiro? La suddivisione e l’attribuzione dei ruoli di genere viene inculcata in ciascuno di noi fin da quando siamo bambini, duttili e facilmente condizionabili. Poi all’interno del nucleo famigliare, o anche all’interno della coppia, si attribuiscono ruoli rigidi tanto alla donna quanto all’uomo; nel tempo questi si consolidano e la parità di genere diventa un obiettivo sempre più difficile da raggiungere.



Il libro offre squarci di vita quotidiana, ma tocca anche altri temi, come la gravidanza e il rapporto con i figli, sia da parte della donna sia da parte dell’uomo. Capitolo dopo capitolo, restano al centro i pesi di cui la donna si carica ogni giorno. Non solo quelli fisici, come i sacchi della spesa, ma soprattutto quelli che stanno nelle aspettative degli altri, che lei non può disattendere, e nei ruoli che le vengono cuciti addosso.




Perché leggerlo?  Il libro di Emma Clit permette di ritrovarsi tra le pagine del libro, che siate donne o uomini non importa. Quasi con un occhio esterno, potreste guardare la vita che, più o meno consapevolmente, vivete ogni giorno.  

A volte le donne sono talmente assorbite dalle loro attività che non si accorgono di quanto passino in secondo piano la loro identità e la loro libertà. Qualcuna poi potrebbe anche scoprire di essersi adattata all’immagine di donna che la nostra società ha disegnato per lei. Viceversa, gli uomini potrebbero vedere la realtà in cui vivono con occhi nuovi e provare a cambiare le cose.

Federica Carla Crovella

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