Dieci anni dalla Convenzione di Istanbul: facciamo il punto

 


Dieci anni fa si firmava la Convenzione di Istanbul. È stato, almeno sulla carta, il primo strumento giuridicamente vincolante a livello internazionale contro la violenza sulle donne. Racchiude 81 articoli, che vanno in una sola direzione: violenza contro le donne significa violazione dei diritti umani ed è una forma di discriminazione. Preso atto di questa realtà, chi non adegua le proprie leggi e non agisce con l’obiettivo di limitare la violenza, in tutte le forme, è responsabile della stessa. La Convenzione vuole tutelare la vita delle donne all’interno e all’esterno delle mura domestiche e dei confini europei.

Quattro obiettivi

Prevenire: agire sulla cultura che sta dietro la violenza di genere, la rende qualcosa di accettabile e addirittura normale e spinge a perpetrarla. Il primo passo sarebbe rimuovere gli stereotipi che influenzano l’opinione pubblica e purtroppo la formano. Poi c’è la sensibilizzazione alla violenza, o meglio, alle violenze, che hanno sempre tante forme e si portano dietro conseguenze enormi. Dentro la sensibilizzazione c’è anche l’informazione corretta e la cooperazione tra le istituzioni. Il terzo step è promuovere fin dai primi anni di vita l’uguaglianza di genere, perché

Proteggere: tutelare le vittime mettendo a disposizione meccanismi e servizi di protezione, supporto medico e psicologico adeguato, sì perché non basta che ci sia ma dev’essere valido, e consulenza giuridica. Bisognerebbe intervenire anche in modo massiccio su case rifugio e centri di accoglienza, in termini di quantità e servizi, perché possano garantire l’assistenza giusta. Anche da questo punto di vista, purtroppo il periodo del lockdown non ha ovunque superato la prova.

Perseguire: garantire una corretta applicazione della legge facendo sì che le violenze siano adeguatamente punite. Non dovrebbero mai mancare le risposte immediate alle richieste d’aiuto e nemmeno adeguate misure di protezione per le vittime, prima, durante e dopo le indagini e i procedimenti giudiziari.

Politiche integrate: coinvolgono le istituzioni, che devono garantire politiche coordinate e globali e una risposta onnicomprensiva alla violenza nei confronti delle donne e alla violenza domestica.

Tuttavia, a distanza di 10 anni, se guardiamo ai singoli obiettivi di strada da fare ce n’è ancora, per non parlare dei numeri dei femminicidi.

Un quadro geografico…

La Convenzione vuole tutelare le donne dentro e fuori dai confini europei. Le firme sono arrivate da 45 Paesi, ma l’accordo è entrato effettivamente in vigore solo in 19, tra cui l’Italia nel 2013 e la Turchia, proprio quella che nel marzo scorso ha preso le distanze perché sarebbe usata da alcuni gruppi per “normalizzare l’omosessualità”. L’approvazione del trattato è aperta anche all’Unione europea e ai Paesi che, pur non facendo parte del Consiglio d’Europa, hanno partecipato alla stesura: Stati Uniti, Canada, Kazakistan, Giappone, Messico e Santa Sede.

Ancora oggi manca la ratifica di tanti Paesi: Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria, Moldavia e le tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) , come pure il Regno Unito, l’hanno solo firmato. Anche l’Ucraina non l’ha mai ratificato e la Russia non l’ha nemmeno firmato. Dove arriverà lo scetticismo di Paesi come Polonia e l’Ungheria?

L’Italia e la Convenzione di Istanbul

Nel 2018 è nato un meccanismo di controllo, il Grevio, che deve garantire l’effettiva applicazione della Convenzione da parte dei paesi che l’hanno ratificata. Il primo monitoraggio risale a tre anni fa, ma è più recente il quadro che riguarda l’Italia.

È stato pubblicato il 13 Gennaio 2020 il Rapporto del Grevio del gruppo di esperte sulla violenza contro le donne dedicato alla situazione nel nostro Paese.  

Riassumendo: si devono adottare più misure contro la violenza di genere. Pur sempre con dei limiti, bene per le riforme legislative del nostro Paese, tra cui la legge n. 69 del 19 luglio 2019 (nota come codice rosso) «che ha portato allo sviluppo di un solido quadro legislativo in linea con i requisiti della convenzione sui rimedi di diritto civile e penale per le vittime di violenza. Tuttavia, la relazione rileva una serie di lacune legislative come quella causata dall'assenza di rimedi civili efficaci nei confronti di qualsiasi autorità statale che abbia mancato al suo dovere di adottare le necessarie misure preventive o protettive nell'ambito delle sue competenze».

Tuttavia, la causa della parità di genere incontra ancora la resistenza nel paese. Ad esempio, la situazione era già critica, aggravata poi nel periodo Covid, per quanto riguarda i finanziamenti impiegati per elaborare una risposta adeguata alla violenza, con il coinvolgimento delle autorità locali e le strutture di accoglienza.

Ecco quali misure l’Italia dovrebbe adottare con urgenza secondo il GREVIO:

  • garantire l'applicazione delle disposizioni giuridiche sul reato di maltrattamenti in famiglia sensibili alla natura di genere della violenza domestica contro le donne;
  • garantire che le politiche e le misure affrontino allo stesso modo la prevenzione, la protezione, le indagini e la punizione, conformemente allo standard di dovuta diligenza sancito dall'articolo 5 della convenzione di Istanbul;
  • adottare ulteriori misure per garantire che le politiche affrontino la violenza contro le donne in modo completo e integrato e siano attuate e monitorate attraverso un efficace coordinamento tra le autorità nazionali, regionali e locali;
  • garantire risorse finanziarie e umane adeguate per misure e politiche, aumentando nel contempo la trasparenza e la responsabilità nell'uso dei fondi pubblici e sviluppando adeguate soluzioni di finanziamento a lungo termine/pluriennali per i servizi specializzati delle donne;
  • rafforzare il sostegno e il riconoscimento delle organizzazioni femminili indipendenti e rafforzare il quadro istituzionale nazionale e locale per la consultazione e la cooperazione con le organizzazioni femminili;
  • fornire una solida base istituzionale agli organismi incaricato di garantire l'attuazione e il coordinamento delle misure e delle politiche di lotta contro la violenza contro le donne e proseguire gli sforzi per consentire un monitoraggio e una valutazione efficaci delle politiche;
  • rafforzare le azioni preventive nei settori della sensibilizzazione, dell'istruzione, della formazione dei professionisti, dei programmi di autore e del settore dell'occupazione, perseguendo nel contempo misure proattive e sostenute per promuovere cambiamenti nei modelli di comportamento sociali e culturali sessisti basati sull'idea di inferiorità delle donne;
  • intensificare l'accesso delle vittime a servizi di sostegno generale adeguatamente distribuiti su tutto il territorio, adeguatamente dotati di risorse e forniti da membri del personale formati.

 

Federica Carla Crovella

 

 

 

 

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