Microaggressioni: di che cosa parliamo?


"Per essere una donna guidi molto bene". Quante volte è capitato di dire questa frase? E di sentirsela dire? A quante persone è successo sull'autobus di portare la mano al portafoglio o stringere a sè la borsa davanti a qualcuno appartenente all'etnia rom? 

Sono due esempi di microaggressioni, verbale la prima e non verbale la seconda, che sottintendono qualcosa di offensivo. Ma di che cosa si parla quando si usa questo termine? 

Tra storia e linguistica 
Questa parola è stata coniata dallo psichiatra Chester M. Pierce nel 1970 e indica espressioni e/o comportamenti spesso non consapevoli, che però hanno effetti negativi su chi li riceve, in particolare su membri che fanno parte di categorie sensibili della società.
Partiamo proprio dalla parola: perchè si chiama così? Perchè sono rivolte a un gruppo di persone ristretto, emerginato, ma non sono piccole, in particolare nelle conseguenze che hanno su chi le subisce. A questo proposito, col tempo è stato dimostrato che le minoranze hanno danni più gravi dalle microaggressioni, perchè non sono evidenti e spesso sono complesse da riconoscere. 

Come si manifesta?
La microaggressione consapevole si declina in insulti o gesti intenzionali verso una persona, come ad esempio l'attribuzione di epiteti, oppure si nasconde dietro complimenti o battute, ma si concretizza anche in azioni che vogliono chiaramente privilegiare un gruppo rispetto ad un altro. Si infligge una microaggressione anche quando si tende a minimizzare o negare, più o meno consapevolmente, un atteggiamento discriminatorio o un pregiudizio. 
Spesso le microaggressioni sono inconsapevoli, non vengono inflitte volutamente, ma nascono da pregiudizi e/o stereotipi insiti dentro di noi, di cui magari neppure siamo consapevoli. Non per questo, però, sono atteggiamenti giustificabili.
In molti casi è altrettanto difficile riconoscere di essere vittima di una microaggressione, perchè fa parte di una cultura nascosta, che non vediamo. A maggior ragione, è importante far luce su questo termine e questo fenomeno. 
Le microaggressioni non sono reati e non si è passibili di denuncia e spesso non vengono registrate come tali, perchè spesso la cultura egemone non le riconosce come insulti o offese. Come si evince già dagli esempi in apertura, non riguarda solo ed esclusivamente l'identita di genere, non tocca solo le donne o le persone non binarie, ma più in generale una minoranza

Chi è coinvolto? Davanti a una microaggressione, non c'è solo chi la infligge e chi la subisce, ma ci sono anche i testimoni, chi assiste o ascolta; quindi è importante che la società sia consapevole di che cosa sia la microaggressione,  per riconoscerla e intervenire per contrastarla.

Dentro le microaggressioni ci sono delle caratteristiche: 

  • Chi le compie fa parte di un gruppo di persone che gode di privilegi e indirizza le microaggressioni a persone appartenenti a categorie non privilegiate.
  • Chi le compie si rifà nelle sue dichiarazioni e nei suoi atteggiamenti a un progiudizio o un luogo comune che, molto spesso, il destinatario conosce.
  • Le microaggressioni sono continuative, ripetute, non si tratta di un caso isolato.
Il lato innovativo della teoria delle microaggressioni è che riconosce alla vittima la possibilità di riconoscere di essere tale e denunciare. 

Uno sguardo a microaggressioni e genere
In questo caso parliamo di microaggressioni sessiste, basate sulla disparità di genere tra uomo e donna, microaggressioni omo/transfobichebasate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere. 


Le microaggressioni rivolte alle donne spesso si rifanno stereotipi e pregiudizi rivolti al genere femminile e al ruolo della donna per come viene concepito dalla tradizione. 
Ad esempio, sono microaggressioni tutte quelle frasi e battute che si rifanno all'idea che le donne non siano portate per la guida, come "donne al volante pericolo costante", oppure "per essere una donna guidi molto bene". 
Allo stesso modo, è una microaggressione la frase "come mai una ragazza bella come te non ha il fidanzato?".

"Non sarai mai una vera donna". Questa frase, facilmente indirizzata a una donna trans, costituisce una microaggressione perchè presuppone che esista un vero modo, unico e migliore di altri, di incarnare il genere femminile; che poi è quello imposto dalla tradizione e riconosciuto dalla società. Questo comporta avere una serie di caratteristiche, a partire dalla fisicità e dalla conformazione  dei genitali. Di contro, il fatto di non riconoscersi nel genere maschile o in quello femminile è percepito come "una fase" o "una moda", ma questo significa non validare e non accettare un'identità. 
Ancora, spesso, nei dei documenti burocratici quando si chiede di indicare il genere di appartenenza non c'è la possibilità di uscire dal binarismo e identificarsi con un genere che non sia maschile o femminile; questo denota una mancanza di riconoscimento del genere non binario.  

Su questo argomento c'è un contributo recete che indaga le conseguenze psicologiche sia sui microaggressori sia sui bersagli: 

Le microaggressioni. La natura invisibile della discriminazione di Lisa Beth Spanierman, Derald Wing Sue

Per scrivere questo articolo mi sono appoggiata anche ad alcune considerazioni emerse dal ConvegnoParole, rappresentazioni, normatività: dal sessismo linguistico al linguaggio inclusivo″, organizzato dal CIRSDe - Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere, che si è svolto a Torino in occasione del festival Mind The Gap sul femminismo intersezionale. 

Federica Carla Crovella 
 

Commenti

Post popolari in questo blog

ddl del Governo contro la violenza sulle donne: dove ci porterà? Il parere legale

La violenza ostetrica esiste: dati e indicazioni per riconoscerla

Dove non mi hai portata: un libro-inchiesta in cui una figlia "dà alla luce" la propria madre