Donne e qualità della vita in Italia: una situazione critica aggravata dalla pandemia
In fatto di parità di genere, l’Italia è al 14° posto in tutta l’UE, con 63,5 punti su 100 (4,4 in meno alla media europea). A fornire questo dato è l’ultimo rapporto sull’indice dell’uguaglianza di genere, pubblicato il 28 ottobre 2021 dall’EIGE – Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere, che misura il l’uguaglianza di genere in relazione a diversi aspetti della vita umana. Per le donne italiane, nel 2021 è migliorato l’accesso alle posizioni di potere ed è peggiorata la possibilità di acquisire nuove conoscenze, ma qual è la loro qualità di vita?
Possiamo rispondere a questa domanda, e osservare il nostro Paese da una prospettiva esclusivamente femminile, grazie all’indagine condotta da Il Sole24Ore. Per la prima volta, a dicembre 2021 sono stati scorporati i dati di genere ed è stato realizzato un indice dedicato alla misurazione della qualità di vita delle donne.
Per
stilare la classifica delle città italiane si sono considerati 12 indicatori:
la speranza di vita alla nascita; il tasso di occupazione delle donne e
l’occupazione giovanile; il gender gap occupazionale; il
tasso di mancata partecipazione al lavoro; il gap
retributivo tra uomini e donne; il numero di imprese femminili; la
percentuale di amministratrici, sia nelle imprese sia nei Comuni; le violenze
sessuali; le performance nello sport e le prestazioni olimpiche.
I dati
della classifica generale dicono che Treviso è la città in cui le donne
vivono meglio; sul podio salgono anche Prato e Siena, due città del Centro
Italia; in coda ci sono diverse città del Meridione. Nelle prime dieci
posizioni si incontrano tre i capoluoghi di regione, Firenze, Aosta e Bologna,
ma scorrendo la classifica le grandi città non sono poi così tante. Tra quelle
che si conquistano un posto ci sono Torino, Roma e Milano, rispettivamente al
24°, 27°e 33° posto, con punteggi che potrebbero essere ben più brillanti; poi si
trovano Palermo all’86° posto e Napoli in 105esima posizione.
Si può dedurre che i segnali incoraggianti arrivano dal Nord e da città di medie dimensioni, ma anche che si apre un grande divario tra il Sud Italia e il resto del Paese, in particolar modo nell’occupazione e la retribuzione femminile, fa notare il Sole24Ore. Per le grandi città come per le realtà più piccole, il comune denominatore è, forse da sempre, la mancanza di politiche realmente calibrate sulle esigenze femminili. I tempi e le modalità del lavoro, la struttura delle città e le istituzioni non sono pensate per le donne, ma più spesso sono “disegnate” dagli uomini per gli uomini; discriminante che diventa ancora più accentuata nelle grandi città, dove la popolazione femminile, mentre si deve dividere tra lavoro retribuito e lavoro di cura, si misura con tempi più dilatati, distanze più lunghe e ritmi sempre più frenetici.
La
responsabilità di creare città più “a misura di donna” sarebbe in mano alle amministrazioni,
ma anche da questo punto di vista, per quanto la parità di genere sia in agenda,
l’Italia spesso fatica a immedesimarsi nei bisogni femminili; di certo, non
hanno aiutato le ultime elezioni amministrative, che hanno portato solo uomini
alla guida delle città.
Il gap
tra Nord e Sud è sicuramente strutturale, ma probabilmente alla base c’è ancora
un problema culturale irrisolto, persiste lo stereotipo duro a morire, che
etichetta ancora le donne come “angeli del focolare” e limita le loro
possibilità professionali. Le donne del Meridione erano penalizzate, già prima
del Covid, da tradizioni culturali molto radicate e da una società più statica rispetto
al resto d’Italia; la pandemia è diventata un’ulteriore aggravante.
foto da Qualità della vita delle donne: al top a Treviso, cresce il Centro-Nord - Il Sole 24 ORE
Uno sguardo ad alcuni indicatori
Considerare alcuni indicatori del sondaggio, permette di capire dove ci siano margini di miglioramento più ampi e quali fattori penalizzino di più l’una o l’altra parte d’Italia.
La speranza
di vita è un indicatore che restituisce un quadro abbastanza uniforme;
infatti, non si rilevano grandi disparità tra Treviso, al primo posto con l’86%
di speranza di vita e Vercelli, in ultima e sotto l’82.5%. Questo mostra che,
mediamente, l’attenzione rivolta alla fetta di popolazione femminile si sta alzando
in modo omogeneo nel Paese, almeno sul piano della salute fisica. Tuttavia, se
si considerando gli altri indici, questa uniformità scompare e subentrano grandi
differenze, anche sulla base delle aree geografiche.
Il tasso di occupazione delle donne registra un divario netto tra il Centro-Nord e il Sud. Sul podio ci sono Bologna, Trieste e Bolzano e, tra le grandi città, spiccano Milano, Aosta e Firenze nelle prime dieci posizioni; mentre le ultime 30 sono tutte occupate da città del Sud, ad eccezione di Frosinone. A questo proposito, il 5 febbraio scorso Confcommercio ha lanciato l’allarme, segnalando che al Sud l’occupazione femminile è scesa al 33% contro un tasso di occupazione del 59,2% al Centro-Nord e del 63% nell'Unione Europea. Registra lo stesso andamento l’occupazione giovanile, con una prevalenza di città del Nord nelle prime dieci posizioni. In questo caso, la prima posizione è occupata da Bolzano, con una percentuale del 42,5% di occupazione giovanile; in ultima posizione c’è Enna, sotto il 6,9%.
Per
quanto riguarda il gap occupazionale di genere si passa dell’8,4% di
Aosta in prima posizione, ad una percentuale sotto il 33,6 di Caltanissetta, al
fondo della classifica. Anche in questo caso, il Sud è più penalizzato, sia
come opportunità di accesso al lavoro per le donne sia come retribuzione; a Siracusa,
ad esempio, «la retribuzione media annua delle donne lavoratrici dipendenti è
del 45% inferiore alla media maschile, complice probabilmente la maggiore
incidenza di contratti part time», spiega Il Sole24Ore.
Anche il Report
stilato dall’Istituto Nazionale delle politiche pubbliche conferma la
mancanza di equilibrio tra le varie parti d’Italia e mostra che nel 2021 i nuovi
contratti proposti alle donne tocchino percentuali più alte al Nord. Per
esempio, in Val D’Aosta e Trentino sono il 46%; in Piemonte, Veneto, Toscana,
Emilia Romagna e Marche sono il 42%; in Campania, Basilicata e Sicilia il 30%.
Inoltre, in Sicilia il 75% dei contratti destinati alle donne non è full-time.
Come è
ormai assodato, la pandemia ha influito pesantemente sull’occupazione femminile,
spingendo tante madri a lasciare il lavoro per la famiglia o portandole a conciliare con
fatica vita privata e professione. Ciò che influisce maggiormente al Sud è la mancanza
di infrastrutture, soprattutto asili nido, e servizi come il tempo pieno a
scuola, che non costringano le donne a scegliere tra maternità e professione e,
di conseguenza, riducano il divario di genere sul lavoro.
Questa tendenza si ribalta se si osserva la presenza di imprese femminili sul territorio; infatti, in questo caso sorprenderà che diverse città del Nord Italia scivolano al fondo della classifica.
Per esempio, all’ultimo posto per la presenza di imprese femminili in Italia c’è Milano con il 17,2%, riporta il Sole24Ore, preceduta da Bolzano e Trento.Il primo posto è di Benevento, con il 29,7% di imprese gestite da donne. In generale, i dati mostrano un’imprenditoria femminile più alta al Sud che al Nord; forse perché è sentita come unica alternativa laddove il tasso di occupazione femminile è basso; viceversa, dove l’occupazione femminile si alza, sembra ci sia meno spirito imprenditoriale. Oggi in Italia si cerca di incrementare e tutelare l’imprenditoria femminile, ma la pandemia di Covid di certo non ha agevolato la loro crescita. Negli ultimi anni il numero delle libere professioniste è comunque in aumento, complice la pandemia; tuttavia, influisce negativamente che, ancora oggi, da parte delle banche spesso ci sia meno propensione a erogare prestiti alle imprenditrici, anche se questa tendenza può variare in base al contesto geografico-sociale.
Quali prospettive? La prima strategia
nazionale per la parità di genere 2021/26, presentata dalla Ministra Elena
Bonetti, ha stabilito cinque priorità ben definite: lavoro, reddito,
competenze, tempo e potere. Sono cinque aspetti fondamentali nella vita di
una donna, che, finalmente, viene considerata come lavoratrice e come donna non
solo in qualità di madre. L’obiettivo è alzare di cinque punti il Gender
Equality Index entro il 2026: bisognerà procedere a passo veloce.
Federica Carla Crovella
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